Gli oceani sono un ottimo alleato per mitigare il cambiamento climatico. Sono un serbatoio indispensabile di CO2 e mantengono il surriscaldamento del pianeta stabile. In questo articolo, esploreremo la quantità di CO2 che gli oceani assorbono e l’importanza di proteggere questi ecosistemi per il bene del nostro pianeta e della nostra stessa sopravvivenza.
L’oceano come serbatoio di carbonio
I mari e gli oceani ricoprono circa il 73% della superficie del nostro pianeta, agiscono come un vero e proprio serbatoio di carbonio. Attraverso un processo noto come assorbimento di CO2, le acque marine catturano grandi quantità di questo gas serra dall’atmosfera. L’oceano assorbe la CO2 principalmente tramite due meccanismi: la dissoluzione diretta nell’acqua e l’assorbimento attraverso la fotosintesi delle piante acquatiche chiamate fitoplancton. Gli oceani riescono ad assorbire circa il 33% dell’emissioni globali, dal punto di vista climatico questa percentuale è altissima per questo gli ecosistemi marini, gli oceani e i nostri mari vanno preservati e curati, perché sono i nostri più fedeli alleati insieme agli alberi e le piante che attraverso la fotosintesi clorofilliana riescono ad assorbire circa il 15% dell’emissioni di CO2.
L’importanza dell’assorbimento di CO2 degli oceani
Il processo di assorbimento dell’emissioni di CO2 avviene in 2 modi:
- Acidificazione degli oceani
- Fotosintesi delle piante acquatiche
Acidificazione degli oceani
Questo processo per quanto possa sembrare utile e molto funzionale, negli anni potrebbe distruggere l’ecosistema marino, perché si è vero, a noi esseri umani ci garantisce un vantaggio per mitigare i cambiamenti climatici, ma uno svantaggio ai nostri oceani. Ti starai chiedendo perché, bene ora lo vediamo meglio.
Quando la CO2 reagisce con l’acqua, forma acido carbonico, che a sua volta si dissocia in ioni idrogeno e ioni bicarbonato. L’aumento degli ioni idrogeno nell’acqua marina rende l’ambiente più acido, portando a un abbassamento del pH dell’acqua. Il pH degli oceani è diminuito di circa 0,1 unità dal periodo preindustriale, il che rappresenta un aumento dell’acidità e se dovrebbe diminuire drasticamente avrebbe un effetto catastrofico nell’ecosistema marino.
Gli organismi marini come coralli, molluschi, echinodermi e alcune specie di fitoplancton dipendono dalla disponibilità di ioni carbonati per costruire conchiglie e scheletri. L’acidità dell’acqua ostacola la capacità di questi organismi di formare e mantenere strutture calcaree, rendendoli più vulnerabili alla predazione, alla malattia e al deterioramento generale della loro condizione fisica. L’acidificazione degli oceani può influire anche sulla sopravvivenza di pesci e mammiferi marini, rendendo difficoltosa la capacità di crescere, sfamarsi e riprodursi, innescando così una reazione a catena negli equilibri marini.
Fotosintesi delle piante acquatiche
La fotosintesi è il processo attraverso il quale le piante, inclusi il fitoplancton e le alghe marine, convertono la luce solare, l’acqua e la CO2 in glucosio (zucchero) e ossigeno. Durante la fotosintesi, le piante assorbono la CO2 disciolta nell’acqua presente sulle loro foglie o sulla superficie cellulare che viene trasportata all’interno della pianta dove attraverso reazioni chimiche produce il glucosio, la loro fonte principale di nutrimento e l’ossigeno che viene rilasciato nei mari, fondamentale per la sopravvivenza degli animali marini.
La fotosintesi delle piante acquatiche è una sorta di bilancino marino perché permette di ridurre l’acidificazione degli oceani garantendo l’equilibrio vitale dell’ecosistema.
I comportamenti dell’uomo non aiutano
Dopo aver letto questo articolo ci verrebbe da dire, meno male che ci sono gli oceani che ci danno una mano in questa nuova sfida mondiale. La risposta è si, chiaramente questi processi biologici sono degni di essere rispettati ed elogiati. Prova ad indovinare chi rovina sempre tutto??
Ecco la risposta: L’uomo!!
Il primo problema è l’inefficacia dell’uomo nel salvaguardare l’ambiente marino e nella mitigazione del clima dovuto alle emissioni di CO2. Tutta l’umanità ha capito che adesso il problema è reale e siamo nel bel mezzo della tempesta, ma gli sforzi non sono ancora degni di dare la svolta. Centrali a carbone, pozzi petroliferi, estrazioni minerarie, industrie non in regola, incendi, disboscamenti e allevamenti intesivi questi sono solo una breve lista di tutto ciò che sta ostacolando lo sforzo della natura nel darci una mano.
Il secondo problema è la pesca non sostenibile che reca danni all’ambiente marino dalle conseguenze catastrofiche. Questa pesca spazza letteralmente via, la vita degli oceani. Alghe e piante completamente distrutte da enormi reti da pesca che raschiano i fondali, pesci e specie protette uccise dai pescatori. Su questo argomento ti invito a guardare il documentario Seaspiracy su Netflix resterai allibito, clicca qui.
Non ci resta che fare tutto ciò che è nelle nostre possibilità per preservare gli oceani e tutelare l’ambiente, ricorda che tutto questo dipende anche da noi, dai nostri comportamenti e dalle nostre abitudini. Iscriviti alla nostra newsletter per rimanere aggiornato/a su altri argomenti simili.
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