Alcune poesie provengono dai suntuosi salotti letterari, altre poesie provengono dalla periferia. Abbiamo chiesto al poeta marchigiano, Charles David, di parlare della sua esperienza, di raccontarci le sue poesie, la sua esperienza e la sua storia.
Ciao David! Benvenuto su sergiodetomi.it alla rubrica #comeloscrivo! So che hai scritto diverse poesie, parlaci un po’ di te e della tua esperienza. Come hai iniziato?
Intanto grazie per l’invito, per me è un onore essere qua e mando un caloroso saluto ai lettori!
Ho iniziato questo percorso nel 2011, ero ancora un ragazzetto di 16 anni che ascoltava rap e stava al parchetto Trulla di Pesaro con la sua numerosa compagnia, ed è proprio l’ambiente hip hop che mi ha portato a scrivere poesie.
Può fare strano, un genere così criticato, antisociale, che parla di politica di droghe, brutte storie, come può avermi potuto avvicinare alla poesia? La sua autenticità, l’essere diretto, le rime, le assonanze, gli incastri metrici, il rispecchiarsi nelle canzoni.
Ho spesso parlato di temi sociali, e nella fase adolescenziale prevale la ribellione, la voglia di dire la propria opinione, e ho trovato il mio sfogo grazie alla scrittura, il modo di dire a Dio “Ei sotto quelle nuvole sta un ragazzo, lo vedi?”
Necessitavo di raccontarmi per salvarmi, ed è per questo che ho iniziato.
Salvare da cosa? Hai voglia di dirci di più?
A 18 anni son caduto in depressione, ma ormai come argomento non mi sfiora più, pensavo di non farcela, non entro nel dettaglio perché è ampio come discorso, posso solo dirti che l’arte mi ha salvato la vita. Scrivevo tutto sul mio cellulare, le mie emozioni, i miei stati d’animo, era un modo per non ascoltare quelle voci in testa. Non avessi avuto questa capacità di scrivere probabilmente mi sarei gettato in cose molto più pericolose. Cosa che per fortuna non ho mai fatto, o per lo meno non in maniera eccessiva.
Ho poi pubblicato le poesie che scrivevo durante quel periodo in forma cartacea, ma non mi va di pubblicizzare ciò che non sono più, mi piaceva dire appunto che l’arte ti salva. È un dono davvero.
Scrivere è quindi una sorta di terapia dell’anima e molti vorrebbero poter vivere di questa passione. Molti sostengono che “non si può vivere di scrittura”. Secondo te è possibile?
Me lo domando spesso. Ma la risposta leggetela tra le righe.
L’editoria è un terno al lotto. Al giorno d’oggi può letteralmente scrivere chiunque, siamo vantaggiati con internet e soprattutto con i social. Un tempo serviva più elaborazione, più studio, basti pensare che con la macchina da scrivere quando sbagliavi una parola dovevi gettare il foglio e ricominciare da capo, ora col pc puoi aggiungere o eliminare un concetto, la tecnologia ha semplificato tutto persino il linguaggio.
Il mercato è cambiato, è ampio, si pensa molto al business, i libri più venduti sono “scritti” dagli influencer, sono cambiate le esigenze, un nome “grosso” ti porta guadagno, e si pensa molto a fare cassa, un emergente deve rimboccarsi le maniche e oltre al talento serve anche la fame, devi aver più fame dei concorrenti.
È raro trovare autenticità di uno stile o di un artista, gli argomenti spesso ricadono nelle solite banalità, ed è giusto chiamare “artista” uno scrittore?
Si che è giusto, ma molti si son dimenticati di noi poeti costretti a vagabondare per strada mendicando un po’ di fortuna qua e là.
Oggi non hanno più quella rilevanza e importanza artistica. Oggi sei un giullare se dici “nella vita voglio fare il poeta”. Ti ridono in faccia.
Gli stessi editor si rifiutano, perché appunto le case editrici non scommettono neanche su un prodotto che non venderebbe. “La poesia non è commerciale”!
E quindi come si può fare? Al giorno d’oggi può convenire pubblicare da soli, darà più frutti sicuramente, e si guadagna la percentuale intera del prodotto.
L’autoedizione penso sia un’ottima alternativa, ed è uno sbeffeggiare la censura editoriale.
È ricordare che la parola libro deriva dal latino “liber”, ovvero libero e figlio, un’artista deve esprimersi al meglio, ed un libro è partorito dalla mente umana, non dimenticatevelo.
Parliamo di “regola della poesia”. Quali sono e quali bisogna rispettare?
Si, esistono 5 regole fondamentali nella poesia da rispettare:
Scrivere in versi, la metrica (struttura ritmica di un componimento poetico), il linguaggio (usanza di figure retoriche e rime), la grammatica, la punteggiatura è fondamentale per dare ritmo alla poesia, e per ultima ma non per ordine di importanza, l’ispirazione.
Io ne ho aggiunta un’altra: la fantasia, lei vi porterà ovunque voi vogliate andare.
La realtà vi consente di camminare, di seguire determinate logiche, l’immaginazione invece ti consente di volare, di esplorare.
Chiudete gli occhi, seguite l’istinto, poesia è pancia, sentimento, colore, a volte mi sento bimbo quando scrivo, è forse è proprio questo il bello.
Scritturate note, poesia è lirica, soprattutto è AMORE.
Hai un bel canale YouTube. Si nota subito il tuo nome d’arte @charlesdavid, è un riferimento al grande Bukowski?
Grazie mille, per me You tube è una bellissima piattaforma, ha permesso di dare vita ad alcune cose scritte tra cui Charles 2.0 o Fiori nel petrolio dove appunto parlo dell’ipocrisia che c’è dietro a questo mestiere, e ne consiglio la visione.
Tengo tanto al mio nome d’arte appunto perché ho voluto rendere omaggio allo scrittore tedesco conosciuto più per i bicchieri che faceva che per il resto, ovvero i suoi libri anticonformisti.
Bukowski ha distrutto tutte le regole, la sua originalità sta nel presentarsi al mondo per ciò che è, senza nascondere umane debolezze.
È la voce del popolo, ed esprime a parer mio il concetto libero di cui parlavo prima.
Molti si domandano da dove uno scrittore trae la sua ispirazione. Da dove si può trarre secondo te?
L’ispirazione è tutto. La puoi trovare in ogni luogo e in ogni situazione.
Jonathan Franzen per dire scriveva solo davanti un muro bianco per non aver distrazioni, e per non far uscire la propria immaginazione dalla stanza.
Charles Baudelaire scriveva alle prime luci dell’alba.
Puoi trovarla all’interno della tua cameretta, in spiaggia mentre osservi il mare, in una semplice passeggiata o anche in una serata alcolica fatta con gli amici.
Io spesso ho trovato lei tra i ricordi, tra le parole non dette, in quella panchina tra voci rotte e qualche mozzicone di sigaretta, in un sorriso di un bambino, tra le rughe di un vecchietto che tiene per mano la sua donna. La trovi tra le cose belle, tra la confusione ed il silenzio, tra il buio e tra le delusioni.
Ho sempre pensato a vivere prima di scrivere, credo che la prima opera d’arte debba essere la tua vita.
Ci sono altri progetti ai quali ti stai dedicando in questo momento?
Ho mille idee in testa, devo trovar quella vincente. So che presto ci saranno novità, non so quando, non ho poi così fretta di mostrare le mie opere. Ma regalerò le mie emozioni, promesso.