Oggi vi introdurrò un autore che amo particolarmente, sia per la rivoluzione letteraria che ha effettuato ma anche per la capacità tecnica dimostrata in tutte le sue opere. Mi riferisco a Luigi Pirandello, capace di dimostrare come nessuno mai la duplicità comica e parimenti tragica dell’esistenza umana; egli descrisse l’apparenza, le contraddizioni e le ambiguità tipiche dell’uomo novecentesco. In questo articolo riassumerò la vita a grandi linee, mentre in futuro parlerò di stile e opere importanti più nel dettaglio.
NASCITA E STUDI
Luigi Pirandello nasce ad Agrigento nel 1867. La sua crescita idealistica si può inquadrare con la delusione risorgimentale di fine 800 e inizio 900. Studia a Palermo, poi si iscrive contemporaneamente alle facoltà di legge e lettere. A questo punto si trasferisce a Roma ma nel 1889 si iscrive all’università di Bonn, dove nel 1891 si laurea in filologia romanza ed entra in contatto con le problematiche della cultura europea e con i narratori romantici tedeschi.
Nel 1892 torna in Italia, si stabilisce a Roma e, grazie al sostegno economico del padre – che ringrazio profondamente – si dedica a tempo pieno alla letteratura. In questi anni scrive il romanzo “L’esclusa”, uscito solo nel 1901, e pubblica la prima raccolta di novelle, “Amori senza amore” del 1894. Nello stesso anno sposa Maria Antonietta Portulano: fu un’unione difficile fin dall’inizio, complice la distanza intellettuale. Nel 1895 pubblica la raccolta di poesie “Elegie renane”, preceduta qualche anno prima dalle due raccolte “Mal Giocondo” del 1889 e “Pasqua di Gea” del 1891.
DA STUDENTE A DOCENTE
Nel 1897 ottiene un incarico presso la facoltà di Roma, passando in ruolo nel 1908. Nel 1903 un grave dissesto economico dissipa il capitale della famiglia: la moglie cade vittima di una crisi nervosa, che la renderà perennemente disturbata. Questo è un passaggio cruciale, perché da qui iniziano i veri problemi: già in difficoltà economiche, Pirandello è costretto a prendersi cura della moglie e per trovare i soldi deve aumentare le collaborazioni con i giornali. In particolar modo, con “Il Corriere della Sera” comincia a pubblicare novelle e riviste (come “Il fu Mattia Pascal” del 1904) che ebbero subito successo.
LA GUERRA E IL FASCISMO
Arriviamo dunque agli anni di guerra, che per Luigi Pirandello sono duri ma altrettanto fertili. In queste opere è molto vivido e ravvisabile l’aspetto assurdo della vita quotidiana. Cito le più importanti:
- Così è se vi pare (1917)
- Il berretto a sonagli (1917
- Sei personaggi in cerca d’autore (1921)
- Uno, nessuno centomila (1925)
Nel 1924 si iscrive al partito fascista: una decisione che genera scalpore, anche perché avviene subito dopo il delitto Matteotti. Nel 1925 inaugura a Roma, con “La Sagra del signore della nave”, il Teatro d’Arte. Tuttavia, dura pochi anni ed è costretto a chiuderlo.
Inizia una collaborazione intensa con l’attrice Maria Abba, per cui scrive diversi drammi e che diventa l’interprete principale della sua compagnia. Nel frattempo si raffreddano i suoi rapporti in Italia con il fascismo, nonostante la chiamata del governo per far parte dell’Accademia d’Italia (1929). L’apice di questo contrasto lo abbiamo nel 1934, quando riceve il premio Nobel e il suo dramma in versi “La favola del figlio cambiato” viene duramente contestato da provocatori politici. Per comprendere il suo pensiero sul complesso rapporto tra arte e potere, consiglio la sua opera “I giganti della montagna”, lasciata incompiuta – ma finita dal figlio Stefano – al momento della morte a Roma nel 1936.