Oggi vi parlerò della rivista fiorentina Leonardo.
Le riviste fiorentine (perché tutte pubblicate a Firenze) costituiscono una caratteristica notevole di questo primo decennio del secolo: con la varietà delle posizioni sostenute, con le reciproche polemiche o le coincidenze di ideali esse sono la testimonianza delle inquietudini culturali del tempo. Enrico Corradini, Giuseppe Prezzolini e Giovanni Papini sono i personaggi di maggior spicco di questo settore, sia per la loro attività di organizzatori culturali che per i loro interventi. Il discorso che qui va fatto deve comunque tenere conto, più che delle singole personalità, delle singole riviste e delle posizioni culturali che attorno a ognuna di esse coagulano.
LA RIVISTA “LEONARDO”
La prima di queste riviste che con varia periodicità si pubblica dal 1903 al 1907 è “Leonardo”, fondata da Giovanni Papini. Il programma sintetico che spiccava sulla prima pagina del primo numero dichiarava:
Un gruppo di giovini, desiderosi di liberazione, vogliosi d’universalità, anelanti a una superiore vita intellettuale si sono raccolti in Firenze sotto il simbolico nome augurale di “Leonardo” per intensificare la propria esistenza, elevare il proprio pensiero, esaltare la propria arte. Nella vita sono pagani e individualisti – amanti della bellezza e dell’intelligenza, adoratori della profonda natura e della vita piena, nemici di ogni forma di pecorismo nazareno e di servitù plebea. Nel pensiero sono personalisti e idealisti, cioè superiori a ogni sistema e a ogni limite, convinti che ogni filosofia non è che un personale modo di vita – negatori di ogni altra esistenza di fuori del pensiero. Nell’arte amano la trasfigurazione ideale della vita e ne combattono le forme inferiori, aspirano alla bellezza come suggestiva figurazione e rivelazione di una vita profonda e serena.
Prima pagina – Leonardo n°1
DANNUNZIANESIMO E ANTIDEMOCRAZIA
Dunque è evidente che a monte di queste posizioni c’è – vogliono o no i “giovini” del “Leonardo” – D’Annunzio: un individualismo esasperato, la sprezzante posizione antidemocratica ed antisocialista (servitù plebea), l’esaltazione della vita piena, goduta con una sensualità felina, sulle orme di Nietzsche più vistosamente anticristiano (la frecciata contro il “pecorismo nazareno”, cioè contro l’etica della rassegnazione predicata da Gesù di Nazareth), l’estetismo che tende a trasfigurare e quindi una trasparente polemica col naturalismo e col verismo. Questa filiazione Dannunziana del “Leonardo” (a titolo di curiosità vale la pena ricordare che D’Annunzio aveva generosamente finanziato la nascita della rivista) che sarà poi decisamente negata da Papini, è ormai un dato acquisito dalla critica.
Questa posizione d’altra parte si integra con l’atteggiamento anti-positivistico e con la divulgazione di Bergson, alla quale Prezzolini si dedica particolarmente. Opporsi al positivismo significava opporsi al socialismo nella sua veste riformista (e turatiana in Italia); poi, dalla polemica antisocialista, che fra l’altro nelle pagine di Prezzolini e Papini è polemica anti-democratica. È facile per gli scrittori del “Leonardo” inclinare verso atteggiamenti nazionalistici, verso vagheggiamenti di un primato da conquistare all’Italia: ma per ora Papini si limita ad auspicare per L’Italia un “primato intellettuale”, poiché non può riavere né quello politico né quello economico (proprio in quegli anni, intanto, dalle pagine del “Regno” Corradini dava alle posizioni nazionaliste contenuti meno intellettuali e più concreta aggressività).
Ma oltre alle caratteristiche brevemente accennate ci sono, nel “Leonardo”, altre due componenti.
LA DIVULGAZIONE DEL PRAGMATISMO
La prima è la divulgazione del pragmatismo, alla quale si dedica soprattutto Papini. Il pragmatismo è una corrente filosofica che, elaborata soprattutto dagli americani William James (1842-1910) e John Dewey (1859-1952), si fonda su premesse anti-intellettualistiche e sul rifiuto dei criteri logico-razionali per la conoscenza della realtà; grande valore viene assegnato all’azione (praxis in grego): la validità del pensiero si misura dalla sua utilità o meno per l’azione.
La fase pragmatica è forse, fra le tante esperienze intellettuali di Papini, la più sincera e la meno avventurosa, in quanto si colloca dopo una serie di scritti nei quali egli aveva denunziato l’insoddisfazione per quanto di intellettualistico c’è in ogni sistema filosofico e aveva aspirato a un più intenso rapporto tra ideologia e vita: ora egli trovava risolto tale problema nel pragmatismo, che proclamando la priorità della volontà e dell’azione assegnava al pensiero il compito di modificar e creare la realtà.Va precisato però che Papini divulgando il pragmatismo sulle pagine del “Leonardo” ne dava un’interpretazione assai discutibile (ben diversa era la serietà scientifica degli scritti che sullo stesso argomento e, sempre sul “Leonardo”, pubblicavano studiosi come Vailati e Calderoni), che finiva col diventare una metafisica volontaristica, una metafisica dell’azione.
Cioè per Papini la filosofia diventa uno degli strumenti creati dall’uomo per l’appropriazione del mondo, una sorta di magia per comandare alle cose e cambiarle, una celebrazione retorica e confusa del volere sul conoscere. Si tenga presente che da lì a qualche anno questo misticismo dell’azione per l’azione sarà ripreso dal futurismo, al quale lo stesso Papini per qualche tempo aderirà.
LA CONCEZIONE DELL’ARTE
La seconda componente è la concezione mistica dell’arte che Prezzolini andrà sempre più elaborando. Già il programma sintetico aveva assegnato all’arte il compito di “rivelazione di una vita profonda”. Ora Prezzolini studia i mistici tedeschi, sconfina nella teosofia e nell’occultismo. La matrice antipositivistica che è alla base di tanti atteggiamenti del “Leonardo” tocca ora le forme più esasperate dell’irrazionalismo: Prezzolini fa “appello alle forze intime della personalità contro la ragione”, grida il suo “evviva per i pionieri della vita interiore, i cercatori d’oro psichico, i minatori dell’anima”.
Questa ed altre formulazioni simili non facevano che introdurre nel dibattito culturale italiano posizioni e formulazioni che erano già acquisite nella cultura più avanzata del decadentismo (in quella francese ad esempio). E proprio in questo, nell’opera di informazione e di sprovincializzazione della cultura italiana che attraverso le pagine del “Leonardo” – e i volumi della famosa collana “cultura dell’anima” diretta da Papini in quegli anni per l’editore Carabba – Papini e Prezzolini esercitarono la loro funzione attiva sulla cultura italiana. Erano nel vero i due artefici del “Leonardo” quando nell’ultimo numero della loro rivista, congedandosi dai lettori, dichiaravano:
Abbiamo fatto conoscere agli italiani dottrine e uomini che per loro erano ignori […] abbiamo imposto all’attenzione […] soggetti e studi troppo disdegnati.
Leonardo – ultimo numero della rivista