In una prospettiva di polemica anti-dannunziana – sia pure in modi abbastanza complessi – va vista la produzione di quei poeti che furono detti crepuscolari.

Fu Giuseppe Antonio Borgese che nel 1910 usò per primo questa definizione, “crepuscolare“, intendendo precisare la collocazione storica di questa poesia che si svolgeva ai margini, durante il crepuscolo, dopo la luce meridiana dei grandi maestri ottocenteschi. Con il tempo, il termine perse questo valore di opposizione alla tradizione poetica precedente e servì solo a indicare un modo di atteggiarsi di questi poeti di fronte alle cose.

SITUAZIONI DEI POETI CREPUSCOLARI

Un repertorio ben definito di “situazioni” è comune a questi poeti:

  • La sonnolenta e monotona vita di provincia;
  • Quella che viene definita la malinconia degli organetti di Barberia “che dona al cuore mendìco / un soldo di nostalgia” (Moretti);
  • La stanchezza “del giorno domenicale / del giorno un po’ lacrimoso / che dà i pensieri più tetri / e fa cercare oltre i vetri / ignote vie di riposo” (Moretti);
  • I parchi silenziosi con le loro vecchie statue corrose dal tempo;
  • La patetica suppellettile del “salotto buono” piccolo borghese con “i fiori in cornice e le scatole senza confetti” / “i frutti di marmo protetti dalla campana di vetro” (Gozzano).

E su tutto questo e all’interno di tutto questo una stanchezza del vivere, un disilluso ripiegamento su se stessi, l’incapacità di stabilire un rapporto cordiale col mondo, una volontà di sofferenza e autocompianto: ma anche questo in una dimensione più languida e mollemente estenuata che tragica, “lontano ormai da ogni alto compiacimento tradizionale” (Sanguineti).

LA POLEMICA ANTI-DANNUNZIANA

Tutto questo, però, vien detto dai crepuscolari in una novità di linguaggio che merita parecchia attenzione. Consiste nella ricerca di un tono diverso, di una poesia che volutamente ripudia il canto pieno, aspirando a un andamento prosastico e discorsivo che trovi la sua realizzazione ideale in una dizione a mezza voce.

Piove, è mercoledì. Sono a Cesena.

Esemplare verso di Marino Moretti

In tutto ciò è chiara l’opposizione a D’Annunzio. Ai temi e ai moduli della poesia crepuscolare si possono trovare antecedenti sia nella tradizione italiana sia nella poesia straniera; ma ora le indicazioni che la tradizione offriva prendono corpo in funzione anti-dannunziana. Ai sogni di vita inimitabile, all’attivismo, alla mitologia dei superuomini e delle donne fatali si contrappone la consapevolezza della propria fragilità.

Io non sono che un piccolo fanciullo che piange.

Corazzini

La banale ovvietà quotidiana, un’ideale bellezza femminile che, in Gozzano per esempio, puntualmente contraddice quello dannunziano.

Sei quasi brutta, priva di lusinga / nelle tue vesti quasi campagnole / ma la tua faccia buona e casalinga […] e gli occhi fermi e l’iridi sincere / azzurre d’un azzurro di stoviglia.

Gozzano

C’è poi un personaggio nel quale questa polemica anti-dannunziana si incarna con un’evidenza veramente paradigmatica. Si tratta di quel Totò Merumeni (protagonista dell’omonimo componimento) dove Gozzano si è confessato.

Egli sognò per anni l’amore che non venne / sognò pel suo martirio attrici e principesse / ed oggi ha per amante la cuoca diciottenne.

Gozzano

Appare ovvio che Totò Merumeni ribalta Andrea Sperelli e l’amore ancillare fa da irridente contraltare alle raffinate esperienze erotiche descritte da D’annunzio.

POETI CREPUSCOLARI E DECADENTISMO

Ma pur in questa collocazione antidannunziana, la poesia crepuscolare resta sempre nell’ambito del decadentismo. Questo perché alla base dei vari atteggiamenti di questi poeti c’è quella crisi di certezze, quel vuoto che abbiamo già esaminato e indicato come una delle componenti di fondo del decadentismo.

La frattura fra individuo e società, l’angoscioso senso di solitudine, il ripiegamento entro il chiuso cerchio dell’Io sono gli aspetti più evidenti di questa età: nei crepuscolari sono tutti riscontrabili. C’era contemporaneamente chi a quel vuoto cercava di reagire con l’estetismo, col sogno della vita inimitabile o col vagheggiamento delle barbarie (D’Annunzio) o con un vitalismo attivistico che si traduceva in furore iconoclasta (i futuristi); ma tutti, pur nelle reciproche opposizioni, erano condizionati dalla medesima origine.

LA SCUOLA

Nel primo decennio del secolo si può parlare quindi di una scuola crepuscolare. Certi temi e certi moduli sono presenti in poeti che magari li contaminano con altri di diversa provenienza. È il caso di Palazzeschi e di Govoni, che realizzano in alcuni momenti della loro produzione una particolare fusione dei temi crepuscolari e futurismo.

Va precisato però che, al di là della scuola, esistono i singoli poeti. Con le loro peculiarità impongono di parlarne come singole e specifiche individualità.

Sergio Corazzini (Roma, 1886-1907): morto di tisi appena ventenne, si può considerare un iniziatore di questa scuola e si distingue per il tono di una dolente malinconia. Nei suoi versi (Le dolcezze, 1904; Piccolo libro inutile, 1906 ecc.) a volte è consapevolezza di non riuscire ad aderire alla vita; a volte ha qualcosa dei turbamenti dell’adolescenza nelle sua acerbità e nei suoi languori. Corazzini – anche se di lui possiamo vedere purtroppo solo l’inizio di una carriera poetica – è certo, nell’ambito della scuola crepuscolare un poeta di notevole modernità stilistica: per la frantumazione cui sottopone il verso e per le nuove soluzioni formali.

Marino Moretti (Cesenatico, 1885-1979): nelle sua giovanili raccolte di versi (Fraternità, 1905; Poesie scritte col lapis, 1910) aderisce pacatamente a un mondo provinciale e casalingo e raggiunge effetti di particolare equilibrio coi suoi toni dimessi e spenti. Dedicatosi in seguito alla narrativa, egli è rimasto fedele a un mondo grigio, popolato di creature sacrificate e vinte, di umbratili esistenze (Il sole del sabato, 1916; La vedova Fioravanti, 1941).

Agli altri poeti crepuscolari, per i quali ci sono molte più cose da dire, dedicherò singoli articoli. Con questo l’intento è fornire uno sguardo introduttivo verso un periodo poetico cruciale nella storia della letteratura.