Il dibattito sulla funzione della letteratura è molto intenso nel ventennio tra le due guerre. Specialmente se si considera che viene svolto all’interno di un paese governato da un regime che controlla tutto quello che si scrive e si pubblica. Ad eccezione della rivista “La Ronda“, tutte le altre di questo dibattito si qualificano in base alla linea culturale che il regime persegue.
TITOLO
La Ronda nasce a Roma nell’aprile del 1919 e dura sino alla fine del 1922. Della redazione fanno parte Baldini, Cardarelli, Cecchi, Bacchelli.
Il primo punto affrontato dagli scrittori della rivista riguarda la confuzione insita nelle polemiche dei futuristi. Criticano anche il contenuto di “Lacerba” e dei vociani, per finire con le mitologie dannunziane, dure a morire. Nella polemica contro tutti, però, gli scrittori de “La Ronda” dimenticano che i vociani avevano sinceramente sentito il problema dei rapporti tra letteratura e vita nazionale. Essi fanno dunque di tutta l’erba un fascio, e del problema sollevato da “La Voce” tramite Gobetti e Gramsci, fanno piazza pulita. Per loro il problema si risolve ritirandosi entro i confini della letteratura, senza immischiarsi.
La Ronda fu l’Aventino della Letteratura.
E. Siciliano
IL RITORNO ALL’ORDINE
Buona letteratura significa pulizia formale, scrupolo artigianale. Solo grazie allo stile si riscattano le tumultuose urgenze biografiche o oratorie che contaminano la pagina; lezione dei classici.
Cardarelli propone come esempio il magistero formale della prosa di Leopardi e pubblica nel numero di marzo-aprile del 1921 della “Ronda” un Testamento letterario di Giacomo Leopardi. Si tratta di una scelta di osservazioni e proposizioni estetiche dallo Zibaldone dove metteva in luce le tesi sull’eleganza avanzate da Leopardi.
Era un classico ma non un retrogrado… e intendeva scrivere in una lingua non morta ma sempre viva.
Cardarelli
Questo ritorno alla lezione dei classici, d’altra parte, negli anni Venti è un fattore europeo. Una sorta di difesa contro l’irrazionalismo degli ultimi decenni. Assai interessante risulta questa testimonianza di Ungaretti:
Apollinaire sente giunto il momento di comporre il lungo dissidio della tradizione e dell’invenzione, dell’ordine e dell’avventira […] La Giovane Parca di Paul Valéry stupisce per la musica verbale che da miracoli di metrica s’innalza in pura architettura; stravinskij incomincia a soggiogarsi l’impeto ammirando l’equilibrio formale dei grandi compositori del Sei e del Settecento. Picasso scopre Pompei e Raffaello e si converte a classiche eleganze. Carrà, superato il futurismo, oramai ricerca in Giotto il valore della sua pittura.
Giuseppe Ungaretti
Si è tentati a vedere l’azione de “La Ronda” come una premessa alla restaurazione reazionaria operata dal fascismo. Si tratta di un problema complesso e, si può dire, ancora aperto. In realtà i rondisti restringendosi al puro ambito letterario rifiutavano, almeno nelle intenzioni, ogni azione di copertura o di fiancheggiamento della contemporanea restautazione politica. Non solo: offrivano ai letterati per l’immediato futuro una soluzione, una via di scampo, un rifugio; l’orticello della letteratura li avrebbe salvati dalle mitologie ufficiali.
Certo, la storia ha dimostrato quanto illusoria sia stata la posizione di coloro che han ritenuto di porsi al di sopra della mischia: e vedremo quanto Gobetti polemizzerà contro una soluzione del genere.
CONCLUSIONE
La verità è che nei letterati della “Ronda” si palesava in modo assai evidente una costante del letterato italiano, la frattura con la realtà nazionale, che ora dinnanzi alla progressiva crisi della civiltà liberale assumeva l’aspetto di un vero e proprio smarrimento.