“A ritroso” di J.K. Huysmans rappresenta il repertorio più completo dei motivi decadenti, la “bibbia” del decadentismo. Viene pubblicato nel 1884: il protagonista dell’opera, Des Esseintes, viene considerato ancora oggi il capostipite degli eroi decadenti.
TRAMA
J. Des Esseintes, ultimo discendente di una ricca e nobile famiglia, ha cercato inutilmente soddisfazione nei piaceri di una vita disordinata. Disgustato e incapace di vivere ancora tra i suoi simili, sceglie di continuare i suoi giorni in solitudine, in una dimora che egli stesso si è studiato di rendere il più possibile raffinata e conforme ai suoi gusti. Qui sceglie e colleziona tutto ciò che l’arte ha saputo creare di veramente bello – ma per lui bello significa artefatto, innaturale, morboso – e può condurre l’unico tipo di vita che gli è possibile.
Ma proprio questa vita, minutamente descritta nel romanzo nelle sue estetiche sperimentazioni, lo porta alla nevrosi e gli diventa quindi insostenibile. L’unica soluzione, consigliatagli dal medico, è quella di tornare ancora tra la gente, in quel mondo banale e volgare che gli ripugna. Ma come potrà salvarsi se, pur dopo esperienze così raffinate, non c’è tipo di vita che lo soddisfi?
In aperta opposizione con il mondo e i valori delle norme borghesi, Des Esseintes è un ribelle freddo a cui manca la tumultuosa vita dei ribelli romantici. Il suo gusto procede a ritroso, ossia sostituisce il ricercato al naturale, e conosce “una vera arte della depravazione”. Vede in un tipo particolare di arte e bellezza lo scherno dalla volgarità della vita normale e mediocre. Tuttavia, il romanzo si chiude con una sconfitta: la fuga dal reale non regge alla prova. Nell’ultima pagina – ma non è la prima volta in tutta l’opera – emerge l’angoscia dell’arresa.
Oggi vi porterò alcuni frammenti, tratti dalle ultime pagine di “A Ritroso”. Nella sua solitudine, Des Esseintes ha sperimentato la più soddisfacente delle dilettazioni, precipitando in una nevrosi che a stento il suo medico riesce a curare. Non c’è via di scampo: se resta da solo, il suo spiritualismo lo porterebbe all’annientamento: se torna alla vita quotidiana, la mediocrità della borghesia lo ucciderebbe ugualmente. Con la tristezza e l’acredine di uno sconfitto, si prepara a tornare a Parigi.
TRATTO DA A RITROSO – J.K. HUYSMANS
Evidentemente non gli restava alcuna rada, alcuna proda. Che sarebbe successo di lui in quella Parigi in cui non aveva né famiglia né amici? […] Quali punti di contatto potevano sussistere tra lui e quella classe borghese che si era innalzata a poco a poco, profittando di tutti i disastri per arricchirsi, suscitando catastrofi per imporre il rispetto dei suoi delitti e delle sue ruberie? Dopo l’aristocrazia della nascita, era venuta la volta dell’aristocrazia del denaro […]
Adesso era cosa fatta. Compiuto il dover suo, la plebe era stata salassata fino all’ultima goccia per misure igieniche: il borghese, rassicurato, troneggiava allegramente per la forza del suo denaro e il contagio della sua idiozia. Il risultato della sua ascesa era stato la prostituzione di ogni intelligenza, la negazione di ogni onestà, la morte di ogni arte […]
In pittura era un diluvio di smidollate scempiaggini; in letteratura un dilagare di stile anodino e di idee vili, perché l’affarista aveva bisogno di onestà (N.D.R. questa duplice polemica riguardava principalmente i realisti, capitanati da Zolà) […]Non poteva nasconderselo: non v’era nulla, più nulla, tutto era a terra. Des Esseintes si accasciò su una sedia. “Tra due giorni sarò a Parigi”, mormorò, “coraggio, è finita davvero. Come un maremoto, le onde della mediocrità umana salgono fino al cielo e stanno per inghiottire il rifugio di cui io stesso apro, mio malgrado, le dighe. Ahimè, mi manca il coraggio e il cuore mi si spezza! Signore, abbi pietà del cristiano che dubita, dell’incredulo che vorrebbe credere, del forzato della vita che si imbarca solo, nella notte, sotto un firmamento che non è più rischiarato dai consolanti fari dell’antica speranza.