Piero Gobetti passa come una meteora nel panorama politico e culturale italiano. Nato a Torino nel 1901, la sua vita dura solo 25 anni. Morirà nel 1926 per i postumi di un’aggressione fascista, in Francia, dove da pochi mesi era esule. Nella sua breve vita è stato un animatore culturale d’eccezione. Ha fondato e diretto riviste che restano fra le cose più durature della cultura antifascista (nel 1922 “Rivoluzione liberale”, strumento di lotta politica; nel 1924, quando ormai il dibattito politico non è più possibile, “Il Baretti”). Piero Gobetti è stato editore coraggioso di testi politici e con gusto sicuro ha pubblicato la prima edizione degli “Ossi di seppia” di Montale (1925); ha scritto saggi di politica (Rivoluzione liberale, 1924) e di storia (Risorgimento senza eroi, 1926). In conclusione, una produzione che nei tre volumi editi da Einaudi supera le 2600 pagine.
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Anche lui muove da una matrice liberale che arriva però a conclusioni ben diverse da quelle crociane. Nel suo liberalismo – che ha ben poco della tradizione conservatrice e non di rado reazionaria del liberalismo italiano – confluiscono la lezione di Salvemini, i contatti con Gramsci e l’esperienza torinese dei consigli di fabbrica. Da tutto ciò, Piero Gobetti ricava la necessità di un profondo e improrogabile rinnovamento da attuare con una mediazione tra mondo borghese e mondo operaio. Gobetti, come ha scritto Gramsci:
Non era un comunista e probabilmente non lo sarebbe mai diventato, ma aveva capito la posizione sociale e storica del proletariato e non riusciva più a pensare astraendo da questo elemento.
Gramsci riguardo Gobetti
Perciò, superando le vecchie preclusioni della cultura borghese, egli vede nell’alleanza con i gruppi più avanzati del proletariato la linea da perseguire per tradurre nella realtà sociale le più autentiche istanza liberali. Gobetti, in sostanza, avvia un’ipotesi politica liberal-socialista che verrà in seguito ripresa da Giustizia e libertà. Animerà poi il partito d’Azione – non è priva di suggestioni, lungo gli anni Novanta, per una ridefinizione dello schieramento di sinistra).
UN NUOVO INTELLETTUALE
Questa strategia politica comporta per Gobetti una nuova concezione del ruolo degli intellettuali. Di quanto molti di loro hanno fatto nel recente passato egli mette in luce le componenti velleitarie; nel contempo disegna e realizza – con un rigore d’analisi unico nel panorama borghese – una figura d’intellettuale calato nel reale, impegnato nella lotta sino al sacrificio, ben diverso dall’ideale che Croce proponeva nel suo Manifesto. E anche quando ormai il fascismo è al potere, Piero Gobetti non desiste:
Non possiamo star neutrali, non possiamo rimanere in benevola attesa, nemmeno un istante […] Oggi dobbiamo continuare il nostro lavoro, senza più pensare a scadenze, senza speranze. Non ci hanno esiliati. Ma restiamo esuli in Patria: prepariamo i quadri, prepariamo le correnti ideali […] Per noi il problema è tutto qui: di riuscire a essere i nuovi illuministi di un nuovo ’89.
Piero Gobetti
Le posizioni di Piero Gobetti vengono giudicate “moraliste” da chi ritiene che la politica sia un inesorabile rapporto di forze da gestire con spregiudicata consapevolezza dei fini. Tuttavia, in questi anni è sempre più oggetto di particolare interesse storiografico e politico.