In questo anno funesto, monopolizzato dalla pandemia del Coronavirus, non passa giorno senza che si parli della situazione economica che varia a seconda delle decisioni che vengono prese dal governo. Io ho la percezione che in tutta l’equazione si stia considerando poco – e in parte lo capisco – l’impatto psicologico che il virus sta avendo sulle nostre menti.

Per questo motivo ho deciso di dedicarci spazio all’interno del blog ma non potevo parlare di un argomento così delicato senza il parere di un esperto in materia. Ho chiesto dunque disponibilità allo psicologo Davide Algeri che con piacere ha acconsentito a dedicarmi del tempo per discuterne telefonicamente.

Di seguito, dunque, il contenuto della nostra chiacchierata, avvenuta in data 31 ottobre.

CORONAVIRUS E PSICHE | DAVIDE ALGERI

Davide, partiamo subito con un tema caldo. Pensi che dopo questa pandemia subiremo effetti psicologici come lo stress post-traumatico?

Sicuramente. Stiamo parlando di una condizione in cui siamo costretti a compiere delle azioni che in molti casi non vogliamo compiere. Chiudersi in casa, rinunciare alle nostre routine – in molti casi perdere il lavoro.

L’impatto cambia da persona a persona, a seconda delle situazioni che viviamo e di come le percepiamo, ma è inutile negare che ci siano in ciascuno di noi degli effetti. C’è chi ha continuato a lavorare e ne ha risentito in minima parte come me, ma c’è anche chi ha perso il lavoro, ha subito delle perdite affettive e così via… tutti questi sconvolgimenti aumentano il carico di stress e la possibilità che questo, prolungandosi nel tempo, venga percepito come un trauma dando luogo al citato disturbo da stress post-traumatico.

Pensi che questo stress prolungato dato dalla pandemia, dalla valanga di regole imposte come distanziamento, chiusure, limitazioni ecc… possa tramutarsi in sintomi psicosomatici?

Intanto definiamo cos’è lo stress. Lo stress è l’incapacità di fare fronte alle richieste che arrivano dall’esterno. Un esempio: quando siamo al lavoro e non riusciamo a gestire l’elevano numero di richieste che ci giungono, in quel caso andiamo in stress. Ora, ci può stare che ciò avvenga in una situazione come questa, dove i cambiamenti sono repentini. La settimana scorsa è stato emanato un DPCM che doveva durare un mese, mentre questa sera già si parla di uno nuovo e di possibili lockdown territoriali.

Tutti questi cambiamenti veloci possono metterci sotto stress perché non tutti reagiamo allo stesso modo. C’è chi è più abituato ai cambiamenti e chi invece li soffre di più, spesso anche perché reagisce con maggiore resistenza di fronte al cambiamento. In quest’ultimi casi può succedere che vi sia un maggior carico di stress. Il discorso psicosomatico dipende da quanto siamo in grado di riconoscere questi malesseri interni (spesso associati a emozioni che risultano poco razionalizzate). Il disturbo psicosomatico è infatti la conseguenza di un’emozione poco ascoltata che viene espressa a livello fisico. Per esempio, la rabbia si concentra all’altezza dello stomaco, la paura all’altezza del cuore, l’angoscia dello sterno e così via. Chi non è abituato ad ascoltare e a riconoscere le emozioni dentro di sé, fa più fatica ed è più soggetto a metabolizzarle a livello fisico.

Tornando alle dinamiche familiari. Questo virus ha inciso di più su alcune persone e meno su altre (come tu stesso hai detto, a seconda delle circostanze). Per chi è stato toccato di più, e magari ha passato o sta vivendo sintomi come depressione che vanno a incidere poi sulla vita famigliare. secondo te come si può reagire in un periodo del genere e cosa ne pensi di questo argomento?

Domanda complessa. Sicuramente andrebbe preso caso per caso; io sono un promotore della scrittura e la consiglio sempre in terapia, in quanto aiuta a prendere consapevolezza di quello che abbiamo dentro. Faccio un’analogia tra la scrittura e i numeri. Se noi dobbiamo fare un’operazione come 2+2, generalmente attiviamo due processi mentali: il primo consiste nel tenere a mente i numeri, mentre l’altro nel compiere l’operazione. La stessa cosa avviene per le emozioni: se noi le teniamo dentro e allo stesso tempo dobbiamo gestirle, facciamo fatica.

Io consiglio di prendere un diario e buttare giù tutte le emozioni che proviamo durante la giornata. Questo magari aiuterebbe, oltre che ad esternalizzare meglio, a focalizzare ed elaborare le sensazioni che ci portiamo dietro per un’intera giornata, a capire quali ci colpiscono più di altre; a identificare i processi automatici che ignoriamo, ma che inconsapevolmente ci generano emozioni di cui nemmeno ci accorgiamo. Fare un “diario di bordo” della giornata, dove segnare quello che proviamo, i pensieri, le situazioni o le persone che sono intorno a noi (che possono essere degli attivatori delle nostre emozioni) potrebbe aiutarci a gestire in modo migliore il modo in cui viviamo ciò che accade.

Senza entrare in discorsi politici. Il governo parla molto di sintomatologia del virus e come riconoscerlo. Secondo te, come mai si parla poco dell’impatto psicologico che questo virus potrebbe avere sulla nostra salute mentale? Cosa si potrebbe fare per aiutare chi soffre di più?

Gran bella domanda. La psicologia è un tema molto complesso (anche da spiegare). Penso che con i problemi che ci sono, se Conte si mettesse a parlare di psicologia… non oso pensare come le persone reagirebbero. Ora hanno tutti bisogno di soluzioni concrete, il virus crea rabbia perché non è concretamente percepibile da chi non ci entra in contatto.

I ristoranti sono vuoti – per fare un esempio – e i soldi non entrano: questo è un bisogno concreto ed è più facile da percepire rispetto ad uno psicologico. Tuttavia, quest’ultimo non va trascurato! Durante la prima ondata è stato istituito un team di psicologi per gestire la situazione e prendere dei provvedimenti a riguardo. Credo sia uno degli aspetti più importanti da curare, anche perché le persone agiscono di conseguenza a ciò che pensano, quindi è fondamentale tenerne conto. Mi auguro e credo che sicuramente questo aspetto non verrà trascurato.

Sono stati istituiti anche dei servizi di ascolto gratuiti, non so se ora sono ancora attivi; io per primo ho creato uno sportello di primo accesso gratuito a marzo per sostenere le emozioni generate dal coronavirus che è rimasto sempre attivo.

In chiusura, parliamo un po’ della tua attività. Sui social ti definisci psicologo e psicoterapeuta. So che hai scritto un e-book gratuito che parla di segnali per riconoscere le coppie in crisi…

Certo. Io ho uno studio a Milano anche se ultimamente cerco di muovermi online a causa del COVID, appunto. Ho una specializzazione in psicoterapia e ho approfondito il tema delle emozioni e dell’intelligenza emotiva. Personalmente amo il tema delle coppie, in quanto mi piace trovare la chiave di volta per far comunicare in modo funzionale i due partner in difficoltà durante una relazione. Che poi, le dinamiche che si attivano nel rapporto sono simili a quelle che si attivano tra colleghi e amici. Questo mi ha portato ad approfondire il tema e scriverne in diverse pubblicazioni dall’ottimo riscontro (tutte disponibili online e accessibili tramite i miei canali).

In generale sui social io tendo a promuovere la psicologia in modo semplice, perché le persone hanno bisogno di capire cosa succede intorno a loro. Noi abbiamo il compito di informare con parole comprensibili e non troppo tecniche. Mi piace molto ed è un po’ una missione per me, oltre al lavoro in studio.

Tu cosa consiglieresti alle coppie in questo difficile periodo?

Consiglierei sicuramente di curare di più il rapporto, se non lo si fa già, in caso di lockdown, perché spesso il lavoro e il viver quotidiano allontana e fa dimenticare il vissuto della coppia. Si lavora per mantenere la famiglia e il livello della relazione di coppia sparisce. Magari prendere il periodo come un’occasione per passare del tempo insieme e fare o condividere delle attività (e al tempo stesso dedicare del tempo a coltivare i propri hobby e spazi privati).

Io stesso ho riapprezzato il tempo a casa e in famiglia durante lo scorso lockdown. Ho anche cambiato i miei orari lavorativi ora, come conseguenza, per gustarmi di più il tempo in famiglia.

Ora lavori da remoto?

Sì, il nostro ordine l’ha suggerito caldamente. Tranne in casi di emergenza dove manca uno spazio privato all’interlocutore per parlare.

Com’è fare consulenza online? Si perde il contatto con il cliente?

Guarda, io ho attivato questo servizio nel 2010. Quest’anno la consulenza online è esplosa, ed in questo senso mi reputo un veterano. Seppur preferisca la consulenza dal vivo, quella online è molto efficace. Questo perché l’intervento di uno psicologo psicoterapeuta si basa sull’utilizzo della parola. Noi “curiamo” con le parole, passami il termine. Le stesse parole che diciamo dal vivo possiamo dirle anche online.

Un altro aspetto importante è l’empatia; Tu la puoi trasmettere online così come dal vivo. Molte persone dicono: io preferisco l’incontro dal vivo per il contatto fisico. C’è da capire anche cosa intendono per contatto fisico, mica ti tocco (ride n.d.r.) Penso che semplicemente alcuni percepiscano ancora la distanza tecnologica come un rapporto freddo, mentre la “presenza” da più calore e sensazione di feeling. Però è innegabile che la relazione può anche crearsi a distanza, vedi ad esempio come i social funzionano, o come si creano le collaborazioni online. Anche io e te in questo momento stiamo comunicando a distanza e tutto sta andando bene. Spesso è solo questione di pregiudizio.

Si conclude qui l’intervista con Davide Algeri, che ringraziamo infinitamente per la disponibilità nel sostenere questa chiacchierata.

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