La miniserie Chernobyl entra in assoluto tra le migliori produzioni cinematografiche della storia.

“Qualsiasi evento storico, per quanto nefasto possa essere, è sempre posto su di una via che porta al positivo, ha sempre un significato costruttivo.”

San’t Agostino

Il disastro di Chernobyl è un fatto noto per chi era vivo in quel fatidico anno, il 1986. Un po’ meno per i millennials, anche a causa di un sistema scolastico che continua a insegnare la storia senza considerare che gli anni passano. Miniserie come quella di Chernobyl dimostrano quanto l’uomo possa essere fallace, ignorante e, talvolta, meschino. E sapete qual è la cosa più fastidiosa? Si poteva evitare.

L’ingegnere Nikolai Fomin

Cinque puntate. Nessun ricamo o trovata commerciale. La storia viene narrata come pura e semplice storia, al limite del documentaristico ma con una classe che la rende simile a un film e tutt’altro che noiosa. D’altronde, sarebbe difficile annoiarsi assistendo a quello che senza dubbio si può definire il più grande disastro compiuto dall’uomo nella sua invadente esistenza. Gli avvenimenti vengono visti attraverso la voce e gli occhi di Nikolai Fomin, l’ingegnere incaricato di sovraintendere i lavori successivi all’incidente.

MINISERIE CHERNOBYL – RIFLESSIONI

Ora, non è mia intenzione soffermarmi a raccontare la storia per filo e per segno; non tanto per una questione di spoiler, perché la storia bene o male la conoscono tutti. Ciò che preferisco è di gran lunga analizzare gli aspetti che più mi hanno colpito.

Uno su tutti, lo spudorato menefreghismo del governo. Pur di proteggere l’immagine dell’Unione sovietica, hanno lasciato che migliaia di persone si ammalassero e morissero senza possibilità di scelta. Loro, che avrebbero dovuto proteggere e avere a cuore le sorti del proprio popolo, sono stati i primi a condannarlo a morte, insabbiando il disastro nucleare. Un po’ come successo recentemente con il missile nucleare. Perché, come diceva Hannah Arendt ne “La banalità del male”, la storia si può ripetere più facilmente di quanto noi pensiamo. Cambiano solo gli interpreti.

Un dipendente della centrale dopo l’incidente

Le persone che hanno lavorato per salvare l’umanità, poi, sono morte atrocemente. È senza dubbio l’aspetto che colpisce di più da spettatore, sfido chiunque a negarlo. Vedere pompieri e comunissimi impiegati sciogliersi come burro al sole fa impressione, soprattutto quando ci si rende conto che non è un film e quelli non sono semplici attori: sono interpreti di una storia vera.

Infine, l’ultimo elemento che mi ha colpito della miniserie Chernobyl è stata la leggerezza con cui è stato gestito un impianto così pericoloso: sistema di sicurezza era difettoso; uno dei responsabili aveva solamente 25 anni (25! Ma vi rendete conto?) e il capo della centrale nemmeno sapeva del malfunzionamento. Ha spinto il reattore al massimo delle sue capacità, contando su un sistema di salvataggio che nemmeno esisteva. Un idiota inconsapevole.

La centrale di Chernobyl dopo l’esplosione

33 anni dopo il disastro, Prypjat è diventato un luogo turistico. Già questo, di per sé, lascia perplessi. Al di là di chi si interroga sul fatto che il luogo sia davvero sicuro o meno dalle radiazioni, mi chiedo quale macabro gusto ci possa essere nel visitare quel luogo e scattarsi selfie con denti smaglianti in bella vista.

Penso che la Miniserie Chernobyl sia un capolavoro che racconta un pezzo di storia che ancora oggi grida chiedendo verità, dopo aver bruciato a lungo sulla pelle di migliaia (se non milioni) di persone innocenti.