L’attività poetica di Corrado Govoni (1884-1965) si estende per circa mezzo secolo, ma nel quindicennio che stiamo esaminando ha già una consistenza che ci permette di definirlo. (Le fiale, 1903; Fuochi d’artifizio, 1905; Poesie elettriche, 1911)

UN IMMAGINISMO IRRUENTE E PRENSILE

Le iniziali predilezioni di Govoni vanno a temi che si possono senz’altro definire crepuscolari. Nel 1904 scriveva ad un amico:

Ho sempre amato le cose tristi: la musica girovaga, i canti d’amore cantati dai vecchi nelle osterie, le preghiere delle suore, i mendichi pittorescamente stracciati e malati, gli autunni malinconici pieni di addii…

Corrado Govoni

Va notato però che questa tematica non sarà l’unica presente nella sua produzione poetica. Produzione poi vastissima, che consta di 25 libri e oltre 2000 poesie.

Govoni non solo farà frequentemente posto a temi e suggestioni derivanti dalla vita dei campi e da ogni spettacolo naturale, ma si caratterizzerà per una straordinaria capacità di evocatore di immagini, per una inesausta disponibilità a inventariare quasi le cose – oggetti, elementi del paesaggio, suoni e colori – e a metterne in luce con le più estrose analogie gli imprevedibili rapporti.

È alla luce di queste sue fondamentali caratteristiche che va spiegata la sua adesione – sia pure temporanea – al Futurismo. Egli, tuttavia, non può essere classificato tout-court come “futurista”: gli manca il gusto dello sberleffo dissacratorio tipico di un Palazzeschi, e non accetta le versione sintattica teorizzata da Marinetti. Govoni – passi l’immagine – di fronte al mondo è come un bambino. Golosamente contempla una vetrina di dolciumi: inventariare, passare in rassegna, cantare, abbandonarsi al gioco d’artificio, delle immagini, delle reminiscenze equivale una festosa presa di possesso.

ALADINO

Presa di possesso che spesso si appaga o si esaurisce nella pura dimensione visiva. Queste sono, su per giù, le costanti della poesia di Govoni; è necessario precisare che una fisionomia particolare ha il suo volume Aladino, del 1946. Dedicato alla memoria del figlio ucciso nel massacro delle Fosse Ardeatine, il dolore del vecchio padre emerge ora con una sobrietà e un’intensità di accenti insolite nella produzione precedente.