Quando il “Leonardo” abbandonando i suoi iniziali interessi, soprattutto letterari, comincia a indirizzarsi – specie per opera di Papini – verso la filosofia, Giuseppe Antonio Borghese, un siciliano che proprio sulle pagine della rivista fiorentina aveva cominciato a farsi conoscere, si stacca dai compagni e sempre a Firenze nel 1904 fonda la rivista fiorentina “Hermes”. Come diceva D. Frigessi:

Si tratta di una rivista disorganica e frammentaria: le sono mancate così l’audacia anti-accademica, la libertà di discorso, la capacità d’assimilazione e la vitalità culturale del “Leonardo” come la definita funzione politica del “Regno”.

D. Frigessi

Alcuni filoni di fondo però non è difficile ravvisarveli.

DANNUNZIANESIMO

Il dannunzianesimo è un dato apertamente dichiarato. Il primo numero di “Hermes” si apriva con una dichiarazione che non lasciava dubbi:

Aritocratici in arte, individualisti nella vita […] siamo pagani e dannunziani. E sì: noi amiamo e ammiriamo Gabriele D’Annunzio più di ogni altro nostro poeta moderno, morto o vivo che sia, e da lui ci partiamo nella nostra arte. Siamo discepoli del D’Annunzio.

Primo numero della rivista “Hermes”

Della lezione dannunziana però si dà un’interpretazione estensiva: cioè non solo limitandola a una lezione di gusto e di arte, ma estendendola alle implicazioni politiche che essa comportava. Benché condotto da letterati, il discorso dei giovani di “Hermes” mira a superare l’orticello della letteratura per trasformarsi in un discorso di idee e vaticini sui destini nazionali con ambizioni di impegno intellettuale-politico. Ecco allora la fusione tra classicismo e celebrazione della stirpe, ecco la loro auto-definizione di imperialisti, ecco il vaticinio di un “prossimo risorgimento di tutte le attività nazionali, tanto intellettuali quanto fantastiche, così politiche come industriali ed economiche”, ecco questa sintomatica celebrazione di un D’Annunzio profeta della stirpe:

Di nuovo, per la vicenda immutabile dei secoli, gli avi e le memorie venivano nel figlio ritornato. Il figlio salì la montagna; la profezia divina gli gonfiava il petto, irrompente: il canto di luce sorgeva dall’anima sua, ed egli chiamò i figli della terra; recò l’annunzio eroico, salutò l’Italia madre: “sacra alla nuova aurora / con l’aratro e la prora.

Ed ecco ancora i rapporti e i legami con la rivists “Il Regno” di Corradini che già dal novembre 1903 aveva iniziato le pubblicazioni con un preciso programma politico, quello nazionalistico: Borgese e gli scrittori di “Hermes” sono assidui collaboratori anche de “Il Regno”.

TRONO E ALTARE

Significativa è la posizione di questi imperialisti di fronte al cattolicesimo. A chi obiettava loro (il Chiappelli in un saggio sulla “Nuova Antologia” del 16 ottobre 1905) di non avere assunto un contegno ben chiaro di fronte al cattolicesimo, Borgese rispondeva:

Questi giovani amano nel cattolicesimo l’energica tendenza al dominio meglio che le parole di mansuetudine. Non si è mai detto che il cristianesimo abbia una sola volta fermato i principi sulla via della repressione o le nazioni robuste e vitali sulla via delle guerre e delle conquiste.

La risposta di Borgese al saggio di Chiappelli

E un altro collaboratore della rivista fiorentina “Hermes” – il Taddei – proclamava che, pur senza essere cattolici sul piano dogmatico o della pratica religiosa, i giovani imperialisti “simpatizzavano con le forze conservatrici del cattolicesimo e riconoscevano ch’è necessario alla loro concessione dello Stato e della vita civile un contenuto religioso e una morale religiosa”. Siamo quindi alla teorizzazione del connubio tra trono e altare.

Congedandosi dai lettori, nell’ultimo numero della rivista i giovani di “Hermes” facevano un bilancio di due anni di attività e con una prosa di evidente sapore dannunziano proclamavano:

Fummo alacri scandagliatori di verità e di bellezza, di fantasia e di coscienza. Ci raccontammo l’un l’altro i nostri sogni d’arte e di vita affinché gli uomini sereni potessero giudicare quanto noi partecipassimo al mal gusto, alla mediocrità, alle inveterate e catarrose abitudini degli intelletti connazionali […]. Il nostro odio contro qualunque forma di bassezza, di falsità, di miseria, volle dire insonne desiderio d’affrettare e di preparare – nel campo dell’attività nostra – il fortunato e meraviglioso avvento.

Il messaggio dei giovani nell’ultimo numero della rivista “Hermes”