Sembrerà una sciocchezza ma in realtà il corretto uso della punteggiatura rappresenta uno dei principali scogli da affrontare nella stesura di un testo, a meno che non siate James Joyce. Una corretta punteggiatura favorisce la massima comprensione di ciò che si legge e aiuta, quindi, lo scrittore a comunicare nella maniera migliore al lettore, come se stesse raccontando a voce ciò che in realtà ha scritto. Grazie alla punteggiatura, infatti, è possibile riprodurre graficamente nella lingua scritta le pause, le interruzioni, gli stati d’animo e tutti gli elementi espressivi che nella lingua parlata sono dati dall’intonazione. Si può affermare dunque che la punteggiatura sta alla lingua scritta come l’intonazione sta alla lingua parlata e sappiamo bene quanto il tono con cui vengono dette le cose è fondamentale per la giusta comprensione nella comunicazione. Chiarezza, ordine e comprensibilità sono ciò che la punteggiatura offre ad un testo. Partiamo dunque analizzando il valore e le funzioni dei vari segni di punteggiatura.
Il punto
Indica una pausa lunga e si usa:
- per concludere un periodo: Marco era molto interessato alla lezione. Livia, invece, si distraeva facilmente.
- nelle abbreviazioni e nelle sigle: d.C = dopo Cristo, FF.SS. = ferrovie dello stato.
Dopo il punto è necessaria la lettera maiuscola e, se l’argomento è concluso, si va a capo.
La virgola
Indica una pausa breve e si usa:
- per dividere le parole o gli elementi di un elenco o di un’enumerazione: Ho comprato latte, biscotti, cereali e yoghurt per la colazione.
- per isolare un vocativo: Figliolo, non correre!
- per isolare delle apposizioni o degli incisi: Maria, la mamma di Sergio, prepara degli ottimi dolci.
- per separare due proposizioni coordinate (evitando di ripetere la congiunzione “e”): Luca si avvicinò troppo al fuoco, si bruciò.
- per separare una proposizione da un’altra introdotta dalle congiunzioni ma, però, invece, tuttavia, poichè, mentre, sebbene, dal momento che, ecc…: Era molto freddo, ma sono uscita lo stesso.
- dopo alcuni avverbi come sì, no, bene, ecc…: Sì, va bene così.
La virgola non si usa mai:
- tra soggetto e verbo: Il gatto, gioca. (X)
- tra verbo e complemento oggetto: Ho mangiato, un cioccolatino. (X)
- prima di “e”, “nè”, “o”: Mangio pasta, e patate. (X) Non ho nè un foglio, nè una penna. (X) Questo, o quello? (X)
Punto e virgola
Indica una pausa media e si usa:
- per separare due o più proposizioni all’interno di un periodo lungo: L’anno scorso sono stata a New York dai miei parenti e mi sono divertita; una volta tornata però ne sentivo la nostalgia.
Due punti
Indicano una pausa rapida e si usano:
- per introdurre un discorso diretto: Luca propose: “Mangiamo una pizza”
- per introdurre un elenco, un’enumerazione: Occorre comprare le seguenti cose: pane, latte, riso, frutta, ecc…
- per introdurre un esempio: Ad esempio: 3+4=7
- per introdurre una spiegazione, una precisazione: Forse te l’ho ancora detto: domani è il mio compleanno.
I due punti non si usano mai tra il predicato verbale e il complemento oggetto, anche se si tratta di un elenco. Non si scrive: Bisogna comprare: latte, uova e farina. Bensì, si scrive: Bisogna comprare latte, uova e farina.
Punto interrogativo
Si usa:
- per concludere una domanda diretta: Come stai?
- per esprimere un dubbio, esortazione, sorpresa: Ne sei sicuro?
Dopo il punto interrogativo occorre la lettera maiuscola.
Punto esclamativo
Si usa:
- per esprimere gioia, sorpresa, meraviglia, dolore, comando, rimprovero, ecc…: Wow! Smettila!
- insieme al punto interrogativo per esprimere incredulità, perplessità o ironia: Ma stai scherzando?!
- insieme ad altri punti esclamativi per accentuare la forza e la violenza dell’esclamazione: Assolutamente no!!!
Dopo il punto interrogativo si mette la lettera maiuscola.
Puntini di sospensione
Indicano una sospensione del discorso e si usano:
- per lasciare in sospeso una frase per dubbio, incertezza, agitazione, gioia, ironia: Non sono molto d’accordo…
- per lasciare in sospeso una frase di cui si può intuire la conclusione: Alla fine chi troppo vuole…
Virgolette
Le virgolette basse « » si usano per racchiudere un discorso diretto: La mamma domandò: «Come è andata oggi a scuola? »
Le virgolette alte ” ” si usano:
- per racchiudere citazioni, parole testuali: Si è definito “furbo” ma alla fine non lo è stato.
- per racchiudere titoli: Ho appena comprato “Gli ultimi figli di Roma”, è geniale.
- per mettere in evidenza frasi o parole dal significato particolare, ad esempio ironico o polemico: Si può considerare davvero uno stato “democratico”?
Lineette
Si usano:
- per indicare il distacco tra le battute di un dialogo: – Hai fame? – chiese la mamma.
– No – rispose Marco. - per eliminare un inciso: Il professore – come appena dimostrato – sapeva il fatto suo.
Trattino
Si usa:
- per unire due termini che non formano una parola composta: il vocabolario Inglese-Italiano
- per dividere le sillabe, ad esempio quando si va a capo: Era una bel-
la giornata di primavera…
Slash
Si usa:
- per dividere i versi di una poesia quando vengono scritti senza andare a capo: Si sta come / d’autunno / sugli alberi / le foglie
- per indicare la divisione in sillabe al posto del trattino: ma/te/ma/ti/ca
- per dividere i numeri di una data: 03/04/1992
Parentesi tonde
Si usano:
- per isolare parole non strettamente necessarie per la comprensione del discorso, che forniscono indicazioni aggiuntive: Il professore (come appena dimostrato) sapeva il fatto suo.
- per indicare l’autore di una citazione: “Ciò che non abbiamo osato, abbiamo certamente perduto.” (Oscar Wilde)
Parentesi quadre
Si usano:
- con all’interno i punti di sospensione, per segnalare che alcune parole o frasi di un testo sono state omesse: «Secondo il mio modo di vedere, […] tutto dipende dall’intendere e dall’esprimere il vero non come sostanza, ma altrettanto decisamente come soggetto»
- per inserire in un testo alcune parole allo scopo di rendere più comprensibile il testo stesso: Nel 1807 [Hegel] pubblicò l’opera Fenomenologia dello spirito.
Asterisco
Si usa:
- per contrassegnare una parola che verrà spiegata in nota: Ciò viene spiegato in Fenomenologia dello spirito*.
*Opera scritta da Hegel nel 1807. - ripetuto tre volte, per sostituire un nome proprio che non si vuole o non si può citare: Il signor *** sarà processato domani.