La collaborazione tra Zeropost e De Tomi Editore ci porta oggi a conoscere Barbara Binotto, autrice della saga “Un Tempo per la guerra” che dal 1° novembre ha visto la luce con il suo primo volume, “Il figlio dell’Aurora”. Senza indugio vi lasciamo all’intervista:

1. Barbara Binotto, la donna dietro la penna. Raccontaci un po’ di te.

La donna dietro la penna, è stata una ragazza dietro penne e quaderni. Che si annoiava in ultimo banco – perché era alta, era tranquilla, quindi piazzala lì in fondo – e fantasticava e scriveva. E quei quaderni giravano la classe, e qualche volta finivano nelle mani di qualche genitore, che poi mi chiedeva “ma questi due poi staranno insieme?”

Ecco, quella ragazza lì aveva tanti sogni: scrivere, insegnare, una bella famiglia unita, una squadra di calcetto mista di figli – niente panchina però – e un gatto a testa, come minimo. “I vecchi sogni erano bei sogni, non si sono avverati, comunque li ho avuti”, dice Clint Eastwood in un bellissimo film. E la donna che ora più che dietro a una penna sta dietro a una tastiera, ne ha avverato qualcuno, altri no.

Mi sono trovata ad un punto della mia vita in cui credevo di averli persi tutti. Alla squadra di calcetto ho dovuto rinunciare. Ce l’ho nel cuore, la vita mi ha messa davanti alla perdita di ripetuta di figli non nati, che con quella che ho tra le braccia, la squadra di calcetto la farebbero eccome. Ma quella figlia vale per tutti gli altri, è una potenza capace di sorprendermi ogni giorno.

All’epoca lavoravo come impiegata videoterminalista da quasi dieci anni, un lavoro di ripiego che nelle intenzioni sarebbe dovuto durare qualche mese. Gli sforzi e gli studi per insegnare non avevano dato risultati. Le mie storie stavano in un cassetto, poi in un PC, qualche amica che mi incoraggiava, ma non avevo fiducia. Il matrimonio iniziava a vacillare sotto i colpi della frustrazione e degli aborti.

Vennero anche le crisi d’ansia. Una frase di una psicologa mi restò in mente: “Devi cambiare almeno qualcosa se vuoi uscirne. Scegli tu cosa”. Come se fosse dipeso da me. L’ansia mi portò a compiere un errore sul lavoro, quindi a una vertenza sindacale. Decisi che avrei dato le dimissioni appena mia figlia avesse iniziato le scuole elementari, di lì a un anno; avevo paura di restare senza lavoro, ovviamente, ma era la cosa più urgente da cambiare e l’unica su cui avevo potere. Misi annunci sui social per cercare ragazzi a cui dare lezioni private, per avere una piccola entrata quando avessi lasciato il lavoro. Una vecchia conoscente, che non ringrazierò mai abbastanza, li vide e mi scrisse qualcosa tipo “so di un preside disperato, non trova insegnanti di lettere”. Tre giorni dopo ero in classe. Ci ero arrivata cantando a squarciagola “This times are changing” dei The Struts. I tempi stavano cambiando, eccome. Non da oggi a domani, e non tutto è andato come volevo: avere altri figli è stato impossibile e mi sono separata di recente.

Ma dopo quattro anni di precariato sto svolgendo l’anno di formazione e prova in una scuola superiore per l’immissione in ruolo, la stessa scuola, ma sempre più grande, tra i cui banchi ho iniziato a scrivere, con alcuni dei miei vecchi insegnanti come colleghi, la scuola a cui devo formazione e passione e i ricordi più belli, e non per modo di dire: una comunità educante a cui sono fiera di appartenere; e ho ancora il sogno di portare qualche studente in più alla mia passione, a vedere il mondo con curiosità, e perché no, a inventare qualche storia. Non è mancato chi, dopo la lezione, mi ha portato un quaderno scritto fitto fitto, “prof, cosa ne pensa?” La prima risposta, prima di leggere, prima di dirgli se e cosa si potesse migliorare, è: “ti sei divertita? Allora continua, non smettere mai”.

Sono una prof che paragona il Cantico delle Creature di San Francesco a The Miracle dei Queen. Che infila una canzone dei Bardomagno nei powerpoint di Storia per aiutare i ragazzi, con una risata, a memorizzare le scomuniche di Federico II o lo schiaffo di Anagni, o “Soldier of Heaven” dei Sabaton per parlare di un tragico episodio della prima guerra mondiale, sulle alpi. Che spiega la narratologia facendo esempi sulle serie tv e interroga applicando i concetti all’ultimo libro letto o al preferito dell’allievo, che fa fare pratica di poesia e figure retoriche con testi di canzoni scelti dagli studenti.

Mia figlia è una potenza. Ho sempre pensato che i figli non abbiano debiti nei confronti dei genitori: è tutto l’opposto. Lei non ha chiesto la vita, in questo mondo poi, che per me è stato spesso duro. Le ho dato la vita perché mi dava gioia farlo, e ho un debito con lei per questo, che saldo facendo quanto posso per darle gli strumenti migliori: ovviamente con tanta complicità e tenerezza, ma anche con i no e le regole. Sì, insomma, Gilmore Girls scansatevi.
E poi, naturalmente, c’è la scrittura: a giugno scorso, al termine di un anno scolastico caotico, nel pieno del mio primo esame di maturità da commissario esterno, ho trovato il tempo di adeguare il primo romanzo della mia saga alle norme editoriali richieste, scrivere due righe di accompagnamento e spedirlo a DeTomi, questa nuova casa editrice che si era presentata su un gruppo facebook che seguivo ormai un po’ annoiata e scoraggiata dalla poca serietà che traspariva, ma quell’annuncio mi era sembrato diverso. Serio, concreto, corretto. La selezione scadeva a fine giugno, non si poteva aspettare. E dopo sono stata troppo impegnata per chiedermi quando e se avrebbe risposto, finché mi è arrivata una mail e ho scoperto che avevo ragione: ho trovato un editore serio, preparato, da cui, vada come vada, posso dire di aver imparato molto. Ed eccoci qua. Sempre con l’entusiasmo di una nuova esperienza, per non smettere di imparare.

2. Perché un lettore dovrebbe scegliere “Il figlio dell’Aurora”?

C’è una famiglia numerosa, in questo libro, che crescerà ancora nel corso della saga. Sono persone come noi, a parte questo piccolo dettaglio di poteri mentali di cui non sono consapevoli o che non sanno gestire, ma che vuoi che sia, cosa da poco. C’è abbastanza varietà di caratteri e ideologie. In qualcuno si finisce a immedesimarsi per forza.

Vorrei che fosse il tipo di testo che porta i lettori a fare il tifo per questo o quel personaggio, per questa o quella coppia, a formulare ipotesi, teorie, nell’intrico di relazioni e vicende. Se ci sono riuscita, lo diranno i lettori. Di certo i personaggi sono umani, controversi, capaci di far discutere, con la loro forza e le loro – grandi – debolezze. Perfino i “cattivi” hanno voce e umanità, i loro toni di grigio.

Il lettore a cui mi rivolgo è quello a cui piace non solo leggere una storia, ma immaginare una realtà, per molti aspetti simile alla nostra, dato che l’elemento fantascientifico non è troppo pesante, ma comunque un mondo articolato e complesso. Un lettore che si immerge nella storia, come si aggirasse davvero tra il maneggio di Robert e la radura nel bosco. Infine, è un libro dedicato a chi ama la commistione tra i generi, ci sono tanti ingredienti in questo testo.

3. Quali sono – se ci sono – i tuoi “idoli” letterari?

Ho letto tanto, molti autori non troppo conosciuti, non solo in italiano. Credo di aver avuto quasi nove anni (l’età in cui Dante ha conosciuto Beatrice!), quando ho letto “Uccelli di rovo”, e di Colleen McCullough ho poi letto l’intera saga dei Signori di Roma.

Direttamente in lingua inglese, poiché l’unica vecchissima traduzione italiana aveva molti tagli, ho amato moltissimo Susan Howatch, “The rich are different”, trasposizione nella Wall Street degli anni ’20 e ’30 delle vicende tra Cesare, Cleopatra, Marco Antonio e Ottaviano. “La storia infinita” di Michael Ende non finisce mai di trasmettermi qualcosa di nuovo, ad ogni rilettura. “L’amante di Lady Chatterley”, di D.H. Lawrence. E in italiano “La coscienza di Zeno”, letta trafugando il libro imposto per le vacanze a mio fratello maggiore, ma anche “I Malavoglia”, divorato in seconda media. Mi hanno appassionato “La contessa nera” di Rebecca Johns, “I dodici” di Jasper Kent, “Dracula” di Bram Stoker, “Intervista col vampiro” di Anne Rice e testi più leggeri, la saga a cornice storica di una famiglia di cacciatori di vampiri, i Gardella di Colleen Gleason. La saga “I figli della Terra”, di Jean Auel, che racconta in chiave romanzesca la vita dei nostri antenati preistorici, e testi parodistici come ad esempio il magistrale “I promessi morsi”, pubblicato a nome di Anonimo Lombardo. Sì, proprio l’anonimo del manoscritto usato da Manzoni.

Insomma: un gran fritto misto, e ho citato solo i primi che saltano in mente. Mi piace avere stimoli diversi, e da ognuno ho preso qualcosa.

Ma quella che considero una maestra di vita e di scrittura è Sibilla Aleramo, la prima scrittrice femminista italiana. Mi ritrovo nei suoi pensieri, nei suoi scritti, siano essi saggi, poesie o romanzi. Il suo stile, dopo “Una donna”, è forse troppo lirico per i gusti attuali, ma le sue idee, i pensieri, i sentimenti, non hanno tempo: è una donna ed è ogni donna. Lei è la mia copertina di Linus da quando mi fu proposta per la tesina della maturità sul tema del femminismo, è quella che leggo nei momenti difficili. Intristisce sempre un po’ trovarla relegata a una paginetta nascosta, o nemmeno citata, nei libri di letteratura, credo che avrebbe pieno titolo per essere approfondita.

4. Uno sguardo al futuro, stai già lavorando al prossimo scritto?

In questo preciso momento, no. Sto riorganizzando la mia vita da madre separata, sto vivendo l’avventura della prima pubblicazione, sono alle prese con le attività dell’anno di formazione e prova per l’immissione in ruolo. Tutte cose estremamente gratificanti e stimolanti, ma impegnative in termini di tempo ed energie. La saga “Un tempo per la guerra”, in realtà, è già tutta scritta, si tratta di farci su un delicato lavoro di lima, a cui mi dedicherò appena avrò respiro da tutti questi impegni, fosse anche solo per sapere che non l’ho lasciata incompleta. Quanto ad altri progetti, ogni tanto la vita mi propone qualche idea e butto giù qualche appunto, ad esempio c’è qualche capitolo di una fiaba, qualche spunto di storie di vampiri, racconti surreali, riletture di miti e leggende. Ci sarà tempo per selezionarli e svilupparli, non intendo certo fermarmi qui, né fissarmi sulla fantascienza. Se non si fosse capito, non sono il tipo di persona che colora nei bordi.

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