Per la sua vicenda umana e produzione poetica, Clemente Rebora (1885-1957) ha un posto particolare nel Novecento. Ebbe un’educazione laica e positivista, che ben presto avvertì come insufficiente per le sue esigenze. Diviso tra desiderio d’integrità e consapevolezza della limitazione, Rebora si dedicò prima all’insegnamento, pubblicò nel 1913 i “Frammenti lirici, poi partecipò alla prima guerra mondiale e, dopo tormentose ricerce per placare la sua crisi, approdò alla fede. Ordinato sacerdote nel 1936, in un’esemplare pratica ascetica e in una giornaliera lotta con il dolore, trascorse lì il resto della sua vita.
CLEMENTE REBORA: POESIA E FEDE
La particolarità di Clemente Rebora nel panorama novecentesco consiste nel fatto che la poesia non è esercizio letterario. Per lui è trascrizione delle sua ricerca di verità. Da un lato è legata alla sua biografia spirituale, dall’altro da un bisogno assoluto di certezze.
Urge la scelta tremenda / dire sì, dire no / a qualcosa che so
Clemente Rebora
La conseguenza è la ricorrenza a immagini ardite e versi spigolosi. Rebora vuole raggiungere una certezza che diventi via della salvezza, che lo conduca a Dio.
Far poesia è diventato per me più che mai modo concreto di amar Dio e i fratelli
dichiarazione del 1955
Alle sue pagine, difficili e dense, bisogna accostarsi quindi non per ricercare i momenti in cui questo travaglio si placa, si distende e si realizza poeticamente. Va fatto per valutare la storia di un’anima, come un itinerario dalla terra al cielo, dall’angoscia esistenziale all’esperienza mistica.
Le inquietudini dei primi decenni del 1900 sono per Rebora vere e propri quesiti esistenziali: ha senso vivere, stare al mondo? In questa fase egli violenta la parola, la piega a significati di particolare pregnanza e scardina la compostezza letteraria dei moduli tradizionali. Per Contini, questa sua tensione espressiva lo rende una tra le personalità più importanti dell’espressionismo europeo.