Fare una recensione, o più semplicemente “parlare di qualcosa” non è mai facile; ancora meno se si tratta di un film come Joker, capace di sbancare i botteghini partendo dalle retrovie. Non ha venduto il nome, il regista o il budget impiegato: ha vinto il contenuto. Ma andiamo al sodo.

TRAMA IN SOLDONI

Il protagonista è Arthur Fletch e sogna di diventare un comico famoso. Seppur adulto, Arthur vive ancora con la madre in un’appartamento angusto e ai limiti dell’abitabile. Come se non bastasse, soffre di sindrome pseudobulbare: Fletch reagisce agli stimoli esterni con una risata incontrollata, psicopatica, soprattutto quando a nessuno verrebbe da ridere. Da qui una serie di abusi subiti, maltrattamenti ed esasperanti scoperte lo porteranno a perdere completamente il senno, fino a diventare il Joker che tutti conoscono figurativamente come l’antagonista di Batman.

JOKER NON ERA JOKER

Non è un enigma, ma una semplice constatazione. Quando si parla di serial killer, di soggetti psicopatici o totalmente fuori controllo, si tende a pensare che siano persone da sempre destinate a compiere determinate azioni (omicidi, attentati). Arthur Fletch è strano, certo, ma non pazzo e nemmeno cattivo. Anzi, saranno proprio le azioni degli altri su di lui a provocare l’esasperazione, portandolo ad esplodere in un impeto di rabbia inarrestabile.

Potrebbe capitare a chiunque. Vivi nei bassifondi, nessuno ti ama, vieni etichettato come mostro: chiunque incontri ti picchia, deride, sfrutta, abusa, e infine perdi il lavoro. Provi a fare ridere la gente – perché credi che sia l’unica cosa che ti riesce bene – e questi non ridono perché sei bravo come comico… ridono perché pensano a quanto sei ridicolo.

Nella massima espressione di rabbia e cattiveria, Joker si sente per la prima volta considerato. Non è interessato a diventare un simbolo per qualcuno, l’esponente di un movimento o di una rivolta. Vuole solamente essere qualcuno, sentire di avere un posto nel mondo, di non essere nato per errore. Non è forse il desiderio di tutti?

Per questo dico che Joker non era Joker. La bravura di Todd Philips (il regista) è proprio quella di far apparire come normale e consequenziale ciò che normale non può essere, come uccidere più persone senza il minimo rimorso.

joker

UN’INTERPRETAZIONE DA OSCAR

Da Oscar, infine, l’intepretazione di Joaquin Phoenix. L’attore, riguardo all’immedesimazione nel personaggio di Artur Fletch, ha dichiarato:

La prima cosa è stata la perdita di peso. Questo è davvero quello con cui ho iniziato. Le conseguenze che ho notato anche nella mia psiche. Inizi davvero a impazzire quando perdi quella quantità di peso in così poco tempo . C’è anche un libro sugli assassini politici che ho trovato interessante. Ciò scompone i diversi tipi di personalità che fanno quel genere di cose che il mio personaggio fa nel film.

Joaquin Phoenix sulla sua interpretazione

NON ESISTE UNA MORALE

Ci ho pensato per una settimana intera, ma sono arrivato a convincermi che in questo film non esiste una morale. D’altronde, è tutto fuorché una favola. Ma allora, mi chiederai, perché ha sbancato? Non è la prima volta che qualcuno mette in scena lo scenario del comico killer.

Joker è semplicemente il ritratto fedele di una realtà cruda, troppo viva, che spesso ci rifiutiamo di vedere. È lo specchio di ciò che tutti saremmo potuti essere ma, per nostra fortuna, non siamo diventati. È il film dell’anno.