Dopo l’articolo introduttivo sulle proposizioni subordinate, oggi vi parlerò di subordinate implicite ed esplicite. In espressioni come “penso che gli dirò tutto” e “penso di dirgli tutto” le subordinate “che gli dirò tutto” e “di dirgli tutto” hanno lo stesso significato. In altri contesti “di dirgli tutto” può assumere invece sensi diversi. Per esempio: “pensa di dirgli tutto” e “pensavo di dirgli tutto” equivalgono a:

  • Pensa che gli dirà tutto
  • Pensavo che (io) gli avrei detto tutto.

La molteplicità dei valori che di volta in volta attribuiamo alla subordinata di dirgli tutto si spiega con la sua forma implicita. Con il fatto cioé che in essa manca un verbo di forma finita, dal senso determinato in modo univoco.

Si chiamano implicite (dal latino implicitus, chiuso) le subordinate che hanno il verbo di modo indefinito (infinito, participio, gerundio).

Definizione
  • Lascialo parlare
  • Anche volendo non potrei
  • Rimasto solo
  • Riprese il suo lavoro

Si chiamano invece esplicite (dal latino explicitus, aperto) le subordinate che hanno il verbo di modo finito (indicativo, congiuntivo, condizionale).

Definizione

Nella maggior parte dei casi, per avere una subordinata implicita è necessario che il soggetto della reggente e il soggetto della dipendente coincidano. Così, per esempio, la frase:

  • (Io) penso che (io) gli dirò tutto (soggetto uguale)

Può essere trasformata in:

  • Penso di dirgli tutto.

Al contrario, la frase:

  • (io) penso che (tu) gli dirai tutto (soggetto diverso)

Non può subire un analoga trasformazione. Abbiamo dunque questa differente situazione, a seconda che il soggetto della dipendente sia uguale o diverso rispetto al soggetto della reggente.