Le strofe si raggruppano a loro volta in strutture metriche più ampie. Nella lirica italiana i principali tipi di componimenti poetici sono:
- la ballata
- la canzone
- il sonetto
- la sestina lirica
- il madrigale
- l’ode.
La ballata
La ballata o canzone a ballo, così chiamata perché destinata al canto e alla danza, è formata da una o più strofe, elette stanze, e da un ritornello, detto ripresa, che veniva cantato all’inizio della ballata e poi ripetuto dopo ogni stanza. La stanza della ballata comprende due parti: la prima parte è divisa in due piedi (o mutazioni), con uguale numero di versi e uguale tipo di rime; la seconda parte, detta volta, ha una struttura metrica analoga a quella della ripresa. I versi usati più comunemente nella ballata sono endecasillabi misti a settenari; le rime possono essere disposte in vario modo, ma è di regola che l’ultimo verso della volta rimi con l’ultimo verso della ripresa. Diamo l’esempio di una ballata di Dante:
RIPRESA
Ballata, i’ vo’ che tu ritrovi Amore [A]
e con lui vade a madonna davante [B]
sì che la scusa mia, la qual tu cante, [B]
ragioni poi con lei lo mio signore. [A]STANZA, 1° PIEDE
Tu via, ballata, sì cortesemente [C]
che senza compagnia [D]
dovresti avere in tutte parti ardire: [E]STANZA, 2° PIEDE
ma se tu vuoli andar sicuramente [C]
ritrova l’Amor pria, [D]
ché forse non è bon senza lui gire [E]VOLTA
però che quella che ti dee audire, [E]
sì com’io credo, è ver eli me adirata: [F]
se tu di lui non fossi accompagnata, [F]
leggeramente ti faria disnore. [A]Dante Alighieri
La canzone
La canzone è formata da un numero variabile di strofe o stanze (per lo più 5 o 7). Ogni stanza comprende due parti: la prima parte, eletta fronte, è divisa in due piedi con uguale numero di versi e uguale tipo di rime; la seconda parte, detta coda o sirma, può rimanere indivisa (come nelle canzoni del Petrarca), o può dividersi in due parti dette volte. Spesso la canzone è chiusa da un congedo, consistente in una stanza più breve con struttura metrica ripresa dalla coda. I versi della canzone sono generalmente endecasillabi misti a settenari; le rime possono essere disposte in vario modo, ma è di regola che il primo verso della coda, detto diesi, rimi con l’ultimo verso della fronte. Ecco un esempio di stanza con piedi e coda (senza volte), che fa parte di una famosa canzone del Petrarca:
FRONTE. 1° PIEDE
Chiare, fresche e dolci acque [A]
ove le belle membra [B]
pose colei che sola a me par donna [C]FRONTE, 2° PIEDE
gentil ramo ove piacque [A]
(con sospir mi rimembra) [B]
a lei di fare al bel fianco colonna, [C]CODA, DIESI
erba e fior che la gonna [C]
leggiadra ricoverse [D]
co l’angelico seno; [E]
aer sacro, sereno [E]
ove Amor co’ begli occhi il cor m’aperse; [D]
date udienza insieme [F]
a le dolenti mie parole estreme. [F]Francesco Petrarca
II sonetto
II sonetto (impossibile non citarlo tra i principali componimenti poetici), nella sua forma tipica, è composto di quattordici versi endecasillabi raggruppati in due quartine a rima alternata o incrociata e in due terzine a rima varia. Ecco un esempio foscoliano:
QUARTINE
Né più mai toccherò le sacre sponde [A]
ove il mio corpo fanciulletto giacque, [B]
Zacinto mia, che te specchi nell’onde [A]
del greco mar da cui vergine nacque [B]Venere, e fèa quelle isole feconde [A]
col suo primo sorriso, onde non tacque [B]
le tue limpide nubi e le tue fronde [A]
l’inclito verso di colui che l’acque [B]TERZINE
cantò fatali, ed il diverso esigilo [C]
per cui bello eli fama e di sventura [D]
baciò la sua petrosa Itaca Ulisse. [E]
Tu non altro che il canto avrai del figlio, [C]
o materna mia terra; a noi prescrisse [E]
il fato illacrimata sepoltura. [D]Ugo Foscolo
La sestina lirica
La sestina lirica tra i vari componimenti poetici presenta una metrica assai complessa, una sorta di pezzo di bravura con il quale il poeta dimostrava la propria abilità di versificatore. Essa fu introdotta nella tradizione poetica italiana da Dante, che si rifece a modelli provenzali, e successivamente fu ripresa da Petrarca, che inserì alcune canzoni sestine nel suo Canzoniere. Attraverso gli imitatori del Petrarca la sestina lirica ebbe una certa fortuna fino al Cinquecento, per poi cadere progressivamente in disuso.
Si tratta di una canzone formata da sei strofe di sei versi endecasillabi, in cui le medesime parole-rima si ripetono in ciascuna strofa secondo lo schema della retrogradazione incrociata, in base al quale l’ultima parola-rima di una strofa è ripresa nel primo verso della successiva, la prima nel secondo verso, la quinta nel terzo, e così via (ABCDEF – FAEBDC – CFDABE – ECBFAD – DEACFB – BDFECA). Alle sei strofe può seguire una terzina di commiato, nella quale ritornano tutte e sei le parole-rima, tre in posizione finale e tre all’interno del verso. Ecco un esempio petrarchesco di sestina lirica:
A qualunque animale alberga in terra, [A]
se non se alquanti ch’anno in odio il sole, [B]
tempo da travagliare è quanto è ‘l giorno; [C]
ma poi che ‘l ciel accende le sue stelle, [D]
qual torna a casa et qual s’anida in selva [E]
per aver posa almeno infin a l’alba. [E]Et io, da che comincia la bella alba [E]
a scuoter l’ombra intorno de la terra, [A]
svegliando gli animali in ogni selva, [E]
non ò mai triegua di sospir’ col sole; [B]
poi quand’io veggio fiammeggiar le stelle [D]
vo lagrimando, et disiando il giorno. [C]Quando la sera scaccia il chiaro giorno, [C]
et le tenebre nostre altrui fanno alba, [F]
miro pensoso le crudeli stelle, [D]
che m’ànno facto di sensibil terra; [A]
et maledico il dì ch’i’ vidi ‘l sole, [B]
che mi fa in vista un huom nudrito in selva. [E]Non credo che pascesse mai per selva [E]
sì aspra fera, o di nocte o di giorno, [C]
come costei ch’i’ piango a l’ombra e al sole; [B]
et non mi stancha primo sonno od alba. [F]
ché, ben ch’i’ sia mortai corpo di terra, [A]
lo mio fermo desir vien da le stelle. [D]Prima ch’i’ torni a voi, lucenti stelle, [D]
o tomi giù ne l’amorosa selva, [E]
lassando il corpo che fia trita terra, [A]
vedess’io in lei pietà, che ‘n un sol giorno [C]
può ristorar molt’anni, e ‘nanzi l’alba [F]
puommi arichir dal tramontar del sole. [B]Con lei foss’io da che si parte il sole, [B]
et non ci vedess’altri che le stelle, [D]
sol una nocte, et mai non fosse l’alba; [F]
et non se transformasse in verde selva [E]
per uscirmi di braccia, come il giorno [C]
ch’Apollo la seguia qua giù per terra. [A]Ma io sarò sotterra in secca selva, [A-E]
e ‘l giorno andrà pien di minute stelle [C-D]
prima ch’a sì dolce alba arrivi il sole. [F-B]Francesco Petrarca
II madrigale
II madrigale è formato da due o tre terzine seguite da uno o due distici. I versi sono endecasillabi; le rime delle terzine possono essere variamente disposte, mentre i distici sono a rima baciata. Ecco un esempio del Sacchetti:
TERZINE
Sovra la riva d’un corrente fiume [A]
Amor m’indusse, ove cantar sentia, [B]
sanza saver onde tal voce uscia; [B]la qual tanta vaghezza al cor mi dava [C]
che ‘nverso il mio Signor mi mosse a dire, [D]
da cu’ nascesse sì dolce disire. [D]Ed egli a me come pietoso sire [D]
la luce volse, e dimostrommi a dito [E]
donna cantando, che sedea sul lito, [E]
dicendo: – Ell’è de le Ninfe di Diana, [F]
venuta qui d’una foresta strana. [F]Franco Sacchetti
L’ode
L’ode non segue uno schema metrico costante: il poeta è libero di scegliere un particolare tipo di strofa, a cui però deve rimanere fedele per tutto il componimento. L’ode prende il nome di inno se ha contenuto patriottico o religioso. Diamo un esempio di ode del Parini:
Torna a fiorir la rosa [A]
che pur dianzi languia; [B]
e molle si riposa [A]
sopra i gigli di pria. [B]
Brillano le pupille [C]
di vivaci scintille. [C]
La guancia risorgente [D]
tondeggia sul bel viso. [E]
e quasi lampo ardente [D]
va saltellando il riso [E]
tra i muscoli del labro [F]
ove riede il cinabro… [F]Giuseppe Parini
Spesso l’ode fu composta secondo il metro dei classici: è questo il caso dell’ode saffica (dal nome della poetessa greca Saffo), la cui strofa è formata da tre endecasillabi e da un quinario. Eccone un esempio ancora del Parini:
Te il mercadante che con ciglio asciutto [A]
fugge i figli e la moglie ovunque il chiama [B]
dura avarizia nel remoto flutto, [A]
Musa, non ama. [B]
Né quei, cui l’alma ambiziosa rode [C]
fulgida cura, onde salir più agogna; [D]
e la molto fra il dì temuta frode, [C]
torbido sogna. [D]