Oggi vi parlerò della competenza testuale. Esiste una grammatica della frase e una grammatica del testo. Cerchiamo di chiarire questi concetti. Siamo soliti considerare la frase come il livello di analisi più alto. Della frase si esaminano i componenti; di questi si studiano i rapporti reciproci. Secondo la grammatica generativo-trasformazionale, la competenza del parlante nativo (cioè di un individuo che ha come lingua madre, per esempio, l’italiano) è la capacità di identificare e di produrre frasi corrette, dal punto di vista delle regole che governano la lingua (nel nostro caso, la lingua italiana).
Ma, come abbiamo appena notato, ci sono dei fatti che non si possono spiegare se rimaniamo al livello della frase. Infatti, quando usiamo la nostra lingua nel parlato e nello scritto, ci serviamo per lo più non di frasi isolate ma di insiemi di frasi, le quali sono connesse tra loro per il significato e per determinati aspetti formali. Inoltre, tali insiemi di frasi sono collegati ad una determinata situazione e a determinati presupposti che ne chiariscono il significato complessivo.
LA COMPETENZA TESTUALE
Per descrivere e interpretare i fenomeni (di collegamento, di rapporto oppure organizzazione gerarchica) che sono al di sopra delle singole frasi, il linguista deve salire ad un livello superiore: al testo. Oltre alla competenza grammaticale il linguista deve tener conto della competenza testuale. Quest’ultima riguarda la capacità di ricostruire l’unità di un testo, di parafrasarlo, di riassumerlo; di assegnargli un titolo, di riconoscere se è completo o se gli manca qualcosa, di classificarlo.
Ricostruire l’unità del testo è facile quando la sua coerenza è manifestata dalla ripetizione della stessa parola in un seguito coerente di frasi; come per esempio:
- Luca ha preso in prestito un libro dalla biblioteca scolastica. È un libro di storia romana sul quale egli deve preparare una ricerca. Mario possiede lo stesso libro, ma non ha voluto prestarlo all’amico.
Tuttavia, la ripresa della stessa parola non è una condizione sufficiente per poter concludere che il testo in esame possiede una sua coerenza testuale.
- Il libro di Giovanna è nella libreria. Mio cugino ha perduto il suo libro. Non credo che abbiano ancora stampato il nuovo libro di Eco. Perché le hai regalato il libro più economico?
Nonostante la parola libro sia ripetuta in ogni frase, qui ci troviamo di fronte a un testo incoerente. La ripresa della stessa parola in frasi che si susseguono può anche mancare e tuttavia non si può negare la coerenza del breve testo che segue:
- Ho comperato i libri scolastici di mia figlia. La bolletta del telefono è arrivata questa mattina. Domani ritirerò la macchina dal carrozziere. Mio figlio ha rotto un vetro del vicino. Le spese non finiscono mai!
Qui le relazioni tra le frasi sono ottenute mediante la breve esclamazione finale che le riferisce tutte al comune denominatore “spese“. È evidente inoltre che la comprensione di un testo dipende oltre che dal suo significato linguistico anche dalla conoscenza che noi abbiamo del mondo (cioè delle abitudini, degli usi. delle convenzioni presenti in una determinata società): dire «i negozi hanno i saldi» oppure «al centro ci sono i saldi» può essere un invito ad approfittare degli sconti, cioè un invito a spendere; «ritirare la macchina dal carrozziere» presuppone quasi sempre il fatto che tale artigiano l’abbia riparata; quindi c’è una nuova spesa. Ricostruire l’unità di un testo vuoi dire rendersi conto di tutti i rapporti che intercorrono tra le frasi, di tutti i presupposti che sono dietro ciascuna frase.
Per esempio, nel primo essempio Luca = egli = amico, il pronome personale e il sostantivo amico sono dei sostituenti del nome proprio. I pronomi svolgono una funzione di primo piano nella “tessitura” del testo. Nel terzo esempio la parola finale “spese” coglie un aspetto comune di tutte le frasi che precedono e che enunciano eventi per così dire “dispendiosi“: spese è una specie di comune denominatore, come abbiamo detto. Tale funzione è svolta per lo più dai cosiddetti nomi generali che riassumono nomi particolari usati precedentemente. Consideriamo, per esempio:
- Le acque del fiume hanno preso un colore rossastro; il pesce è del tutto scomparso; la vegetazione sulle sponde si è molto ridotta. Questi fenomeni preoccupano vivamente le autorità.
- I commercianti protestano; i clienti non sono soddisfatti della merce acquistata; gli impiegati del Comune sono in sciopero. Insomma tutta la gente della cittadina padana si agita.
Fenomeni nel primo esempio, gente nel secondo sono nomi generali; più precisamente fenomeni riassume in sé i tre fatti che sono stati narrati prima in altrettante frasi; gente compendia i tre nomi particolari che precedono: commercianti, clienti e impiegati. Diremo allora che:
a. fenomeni è un nome generale sovraordinato alle frasi che precedono;
b. gente è un nome generale sovraordinato ai tre nomi particolari che precedono; anche la frase “Insomma tutta la gente della cittadina padana si agita” riassume le tre frasi precedenti.
Altri nomi generali sono: cosa, oggetto; materia, roba; affare, faccenda, argomento; fatto, evento, circostanza; nomi generali che si riferiscono a esseri umani sono: persone, individui, uomini, gente, cittadini ecc.
IPERONIMO IPONIMO
Come appare, alcuni di questi nomi sono più o meno “generali“: insomma si dispongono secondo una certa gerarchia. Un nome che, per il suo significato più generale, si trova a un livello più alto di un altro nome si chiama iperonimo (dal gr. ypér ‘sopra’ e ónoma ‘nome’); invece il nome che si trova al livello sottostante si chiama iponimo (dal gr. ypó ‘sotto’). Un approfondimento riguardo la differenza tra iperonimo e iponimo lo trovate in questo articolo.
La frase: “Le acque del fiume hanno preso un colore rossastro” può essere condensata nell’espressione “l’arrossamento delle acque del fiume“: è un esempio di nominalizzazione. Anche questo fenomeno può essere considerato un caso di riformulazione (il dire in modo diverso, con diversi mezzi linguistici la stessa cosa).
La competenza testuale permette di distinguere, fin dalle prime parole ascoltate o fin dalle prime righe lette, il tipo di testo che ci sta davanti. Capiamo subito da tanti particolari se si tratta di una lezione, di una radiocronaca, di una preghiera, di una conversazione sul tempo, di un annuncio pubblicitario; leggendo capiamo subito se si tratta di una favola, di un articolo di giornale, di una poesia o di un trattato scientifico.