Per studiare il complemento oggetto, partiamo dalla definizione generale dei complementi:

Si chiamano complementi i vari componenti della frase che hanno la funzione di completare quanto è espresso dai due componenti fondamentali, soggetto e predicato.

Grammatica italiana e nozioni di linguistica – Maurizio Dardano e Pietro Tifone – pag 105

Il complemento può essere di due specie: diretto e indiretto.

Il complemento diretto è quello che dipende da un verbo transitivo attivo e che è costruito senza preposizione:

  • Giovanni mangia una mela
  • Il comandante dà un ordine
  • Il cane segue il padrone
  • L’onestà appaga l’animo

I complementi indiretti esprimono varie funzioni e sono costruiti per lo più con una preposizione semplice o articolata.

  • L’insegnante dà un libro alla ragazza
  • Il cacciatore uccise il cinghiale con il fucile
  • Partirono in gran fretta
  • L’auto sosta nel parcheggio
  • Benedetta dormì tutta la notte

Dire complemento diretto equivale a dire complemento oggetto. Nelle frasi citate sopra, i complementi diretti una mela, un ordine, il padrone, l’animo sono dei complementi oggetti.

Il complemento oggetto è un sostantivo o una qualsiasi altra parte del discorso che determina l’oggetto dell’azione espressa dal verbo, unendosi a esso direttamente, cioè senza alcuna preposizione.

Grammatica italiana e nozioni di linguistica – Maurizio Dardano e Pietro Tifone – pag 106

Si deve notare tuttavia che l’assenza della preposizione non è un carattere esclusivo del complemento oggetto (capiamoci: è sbagliato pensare che, se manca la preposizione, allora è sicuramente un complemento oggetto); anche il soggetto e altri complementi (per esempio, quello di tempo “dormì tutta la notte”) sono privi di preposizione. D’altra parte, nel caso del complemento partitivo il complemento oggetto è introdotto dalla preposizione “di“: comperare del pane, bere del vino. Pertanto nel definire il complemento oggetto bisogna tener conto anche di altri criteri.

Il carattere distintivo del complemento oggetto rispetto al soggetto è dato dall’ordine delle parole:

  • Luisa ama Paolo
  • Paolo ama Luisa

Sono due frasi diverse; soltanto in base all’ordine delle parole possiamo dire che Luisa è soggetto nella prima frase e complemento oggetto nella seconda.

L’ordine delle parole distingue il soggetto dal complemento oggetto in italiano e in lingue come il Francese e l’inglese. Nelle lingue che possiedono i casi (come il latino) l’ordine delle parole può essere – entro certi limiti – libero. Infatti in latino il soggetto si distingue perché è al nominativo, il complemento oggetto perché è all’accusativo: Tullium Livia amat; anche se Tullium occupa la prima posizione, la sua desinenza di accusativo ci dice che si tratta del complemento oggetto.

Secondo una concezione tradizionale il complemento oggetto è ciò verso cui si dirige, “transita” l’azione del verbo compiuta dal soggetto. In effetti la nozione di complemento oggetto è legata a quella di verbo transitivo. Si dicono transitivi – dal latino TRANSIRE, passare – i verbi che possono avere un complemento oggetto: leggere, studiare, amare, lodare ecc… si considerano intransitivi tutti gli altri: arrivare, partire, uscire, impallidire ecc.

Il complemento oggetto del verbo transitivo attivo può diventare il soggetto dello stesso verbo al passivo

  • Luisa ama Paolo
  • Paolo è amato da Luisa

Questo criterio permette di distinguere costruzioni formalmente identiche come per esempio: ho studiato tutto il libro e ho studiato tutto il giorno. La prima frase (in cui il verbo è usato transitivamente) può essere volta al passivo: tutto il libro è stato studiato da me; la seconda frase (in cui il verbo è usato intransitivamente) non può essere volta al passivo: non possiamo infatti dire tutto il giorno è stato studiato da me.

Si è detto che il c. oggetto si trova soltanto con i verbi transitivi attivi; tuttavia alcuni verbi intransitivi possono avere un complemento oggetto rappresentato da un sostantivo che ha la stessa base del verbo o presenta un significato affine a quello del verbo. In tal caso si parla di complemento dell’oggetto interno:

  • Vivere una vita felice
  • Sognare sogni di gloria
  • Piangere lacrime amare
  • Dormire sonni tranquilli

Dal punto di vista del significato si dice comunemente che il c. oggetto è l’elemento che “subisce l’azione” (o “paziente“) del verbo.

Grammatica italiana e nozioni di linguistica – Maurizio Dardano e Pietro Tifone – pag 107

Tuttavia, questa definizione deve essere accolta con una certa cautela. Per esempio, in

  • Luisa ama Paolo
  • Il cacciatore uccide il cervo
  • Il sole riscalda la terra

Si può dire che i complementi oggetti Paolo, il cervo e la terra “subiscono l’azione dei rispettivi verbi. Ma in frasi come

  • Giacomo ha ricevuto un messaggio
  • Il prigioniero ha subito maltrattamenti

Non si può certo affermare che i complementi oggetti messaggio e maltrattamenti subiscano l’azione dei rispettivi verbi; è vero anzi il contrario: sono i soggetti Giacomo e il prigioniero che “subiscono” l’azione espressa dal verbo.

Il c. oggetto, oltre che da un sostantivo, può essere rappresentato da qualsiasi altra parte del discorso (pronome, verbo, avverbio, congiunzione ecc…) che assuma la funzione di complemento oggetto:

  • Tu lodi questo (pronome) e io lodo quello (pronome)
  • Maria ama leggere (verbo)
  • Luigi preferisce il poco (aggettivo sostantivo)
  • Non capisco il perché (congiunzione) del suo atteggiamento.