In altri articoli abbiamo parlato delle differenze tra omonimia e polisemia, o iperonimi e iponimi. Tutti questi termini aiutano a comprendere meglio quello che è il rapporto di significato tra le parole della nostra lingua, di cui parleremo in modo più generalmente in questo articolo.

MA PRIMA: LESSEMA E SEMEMA

Prima di cominciare questo articolo desidero introdurre due termini e il loro relativo significato, per evitare che il lettore possa trovarsi in difficoltà nella comprensione dello stesso. Quando si parla di “Lessema” s’intende un unità lessicale, spesso la parola quale appare nel dizionario: per esempio “automobile, giovane, camminare, per, anche, sicuro” sono lessemi.

La parola “Semema” invece – sememi al plurale – indica il significato di base di una parola: più precisamente diremo che il semema costituisce la parte minima, invariante e sistematica del significato, considerato non in astratto ma all’interno di un atto comunicativo concreto. Ciascun semema si compone di uno o più semi e differisce da tutti gli altri sememi della stessa lingua, perlomeno in un sema.

IL RAPPORTO DI SIGNIFICATO TRA LE PAROLE

Le strutture del lessico sono alterate profondamente dall’ordine alfabetico che il dizionario impone ai lessemi. Questi infatti appaiono distanziati quando sono invece in stretto rapporto tra loro, come accade per esempio nelle relazioni oppositive:

  • Alto / Basso
  • Maschio / Femmina
  • Vivo / Morto

La correlazione tra i lessemi dipende dai legami semantici, che uniscono tra loro i componenti di un enunciato (rapporti sintagmatici) e dai legami semantici che collegano ciascun componente ai suoi possibili sostituti (rapporti paradigmatici).

Un esempio del primo tipo: in un enunciato incompleto come “il ______ emise un forte nitrito”, il parlante italiano è capace di integrare la parola omessa con cavallo.

Un esempio di rapporto paradigmatico si ha invece in questo scambio di battute: «Carlo è presente?», «No, assente», dove la sostituzione dell’aggettivo con il suo antonimo provoca un cambiamento di significato.

I lessemi si richiamano l’un l’altro secondo modi prevedibili dal parlante: nitrire richiama cavallo, come abbaiare richiama cane, biondo richiama capelli oppure un essere umano; si tratta di occorrenze abituali di lessemi che rientrano nell’ambito dei rapporti semantici sintagmatici. Consideriamo i principali tipi di rapporto di significato. Questi sono:

UN ESEMPIO: L’ANTONIMIA

L’antonimia, prevede che i sememi possano trovarsi in relazione oppositiva tra loro:

  • Alto / Basso
  • Maschio / Femmina
  • Vivo / Morto

sono detti contrari o antonimi (dal greco anti- ‘contro’ e ónoma ‘nome’). Se i contrari (alto/basso) non possono essere entrambi veri, ma possono essere entrambi falsi, i contradditori (alto / non alto) non possono essere entrambi veri e non possono essere entrambi falsi.

Un’altra distinzione si fa tra antonimi bipolari (maschio /femmina, vivo / morto) e antonimi graduabili (alto / basso, caldo /freddo), che esprimono una gradazione e che talvolta contengono un termine medio lessicalizzato: caldo / tiepido / freddo; si tratta di aggettivi che ammettono la presenza di determinanti avverbiali come molto, assai, poco, più, troppo, eccessivamente, abbastanza ecc. Antonimi conversi sono detti quelli che, scambiandosi i rispettivi argomenti, indicano lo stesso significato: figlio / padre, comprare / vendere. Talvolta per rappresentare una coppia si assume soltanto il termine positivo di essa: “quanto è alto?” Non “quanto è basso?”; “quanto è grande?” non “quanto è piccolo?”

Dagli antonimi formalmente irrelati, detti anche antonimi lessicali (buono /
cattivo, bello / brutto) si distinguono gli antonimi grammaticali, i quali hanno la
stessa base lessicale e si differenziano tra loro in base a un prefisso: influente /
inlnfluente, omogeneo / disomogeneo, vedente / non vedente, educare / diseducare.