L’espressionismo, se si guardano i suoi esiti più notevoli, trascurando le avvisaglie e gli epigoni, è localizzabile tra il 1910 e il 1925. Ma è soprattutto negli anni immediatamente posteriori alla I guerra mondiale che conosce il suo periodo più intenso.

La sua area di sviluppo è quella germanica, ma un gruppo di espressionisti agì anche a Praga attorno a Max Brod, l’amico di Kafka. Vi è la caratteristica componente tragica e angosciosa, quella volontà di distruzione e di morte, quella violenza di toni che differenziano l’espressionismo e lo differenziano dalle altre avanguardie storiche.

DEFINIZIONE DEL MOVIMENTO

Ai giovani che gravitano attorno a riviste come “La tempesta” o “L’azione” a Berlino la società appare come un ben fragile intonaco che nasconde un tragico futuro di cui avvertono l’incalzante approssimarsi. Hermann Bahr (1863-1934), uno di questi, dirà:

Nessuna età è mai stata squassata da tanto orrore, da un così orrendo senso della morte. Mai sul mondo ha gravato un tal silenzio di tomba, l’uomo è stato così piccolo e ha avuto altrettanta paura. Mai la pace è stata così lontana e la libertà così morta. Ed ecco che l’angoscia leva il suo grido: l’uomo invoca urlando la sua anima, tutta la nostra generazione non è che un unico grido d’angoscia. E grida anche l’arte, verso le tenebre profonde, invoca aiuto, invoca lo spirito: e questo è l’espressionismo.

Hermann Bahr

La sconfitta, la crisi della società in conseguenza della I guerra mondiale, la tormentata vita della Repubblica di Weimar dalle cui ceneri si levò sinistramente il nazismo costituiscono il contesto storico più adatto per lo sviluppo dell’espressionismo, che proprio nel dopoguerra raggiunge il suo acme e che si configura come radicale negazione di quella società e della società in generale, come esaltazione di ogni forza istintiva e irrazionale, come visionaria tensione verso una totale palingenesi.

POSIZIONI DEL MOVIMENTO

UNO: da un lato, c’è il rifiuto radicale della società costituita. Vengono messi in luce il filisteismo, lo sfruttamento legalizzato, la condizione di reietti da essa creati per la logica ferrea del suo funzionamento. Questo insieme di atteggiamenti viene espresso con toni violenti, con un’amara voluttà di deformazione e dissacrazione, con un’arte “urlata”. Questa è la dimensione rivoluzionaria dell’espressionismo, con precise rispondenze e motivazioni storiche.

DUE: c’è anche un altro atteggiamento. Il rifiuto di quella società si spinge al punto da diventare il rifiuto della società in assoluto. Ecco allora il versante anarchico o mistico del movimento, l’enfatizzazione dell’Uomo nudo come impossibilitato a qualunque rapporto e legame. L’urlo espressionistico tenta di rendere l’oscuro fondo dell’essere umano e si atteggia in una prospettiva di angoscia e di solitudine o di disperata tensione vitalistica; oppure slitta verso la ricerca – misticheggiante – di un rinnovamento interiore, di una cosmica palingenesi. Questa è la dimesione metastorica, “eternista” del movimento che coesiste e contrasta con quella della protesta storica.

TRE: c’è ancora un’altra componente. Dal rifiuto o dall’impossibile comunicazione con la realtà nasce “lo sforzo di una strutturazione astrattistica, spesso specificamente geometrica, della realtà”.

Nel complesso però l’espressionismo ha una dimensione angosciosa, un senso risentito dell’estraneità dell’uomo rispetto al mondo naturale e storico che non si riscontrano negli altri movimenti d’avanguardia. Il futurismo era vistosamente e superficialmente fiducioso nella macchina e nel mondo moderno; il surrealismo ipotizzava la possibilità della scoperta di una “soprarealtà” e quindi di un’essenza con la quale l’uomo possa venire in contatto. E ancora prima – nella produzione dei poeti maledetti – un gioco di corrispondenze e di simboli, se decifrato dal poeta, portava alla scoperta orgogliosa di una realtà più vera. Con l’espressionismo alle fiducie futuriste si sono sostituite angoscia e terrore per il mondo creato dalla macchina.

Le cose esistono in sé, non esistono più per l’uomo… a tale paura ontologica delle cose cui l’uomo non sa più imporre il metro umano, corrisponde l’uomo staccato dalle cose, privo di qualsiasi determinazione complessa.

L. Mittner

LA PRODUZIONE LETTERARIA

Nella lirica si assiste a una produzione varia e ricca. L’esperienza lacerante della I guerra mondiale ispira tanta di questa produzione, caratterizzata da versi secchi ed essenziali che raggruppano molteplici sensazioni. Proprio in quegli anni, basti pensare, nascevano le liriche di Ungaretti. Tra i tanti poeti si possono citare August Stramm, Gottfried Benn, Wilhelm Klemm, Georg Tralk, Ernst Toller. Va ricordato inoltre Bertold Brecht, che nel suo primo periodo poetico adotterà toni grotteschi ed acri per un’impietosa demistificazione della società borghese.

Nel campo della narrativa, tutta l’opera di Kafka con le sue caratteristiche più proprie – solitudine e disperazione dell’uomo, estraneità dalle cose, ansia e nevrosi – non è comprensibile se non si inserisce nel clima e nelle suggestioni dell’espressionismo.

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IL TEATRO

Un cenno particolare merita il teatro, il settore in cui – assieme a quello della pittura – questo movimento espresse meglio le sue istanze. Schematizzando, le novità realizzate si possono riassumere così:

UNO: gli espressionisti rifiutano una caratteristica di fondo del teatro borghese e tradizionale, ossia lo sviluppo psicologico dei personaggi nel corso dell’azione rappresentata. Portano così sulle scene personaggi privi di qualsiasi connotazione psicologica individuale, privi di nome ma fissati e ingabbiati nella loro funzione, nel loro ruolo sociale. Abbiamo così il padre, il giovane, il banchiere.

DUE: Infrangendo una regola di verosimiglianza naturalistica, gli espressionisti procedono nei loro lavori teatrali per “stazioni”, per scene slegate l’una dall’altra o per scene multiple (sul palcoscenico si vedono cioè due o più scene, contemporaneamente). Procedimenti anche questi che contribuiscono ad eliminare ogni tradizionale esigenza di sviluppo o di caratterizzazione psicologica dei personaggi e della vicenda.

Fra i tanti autori di questo teatro vale la pena ricordare Karl Sternheim (1878-1942), nelle cui opere (Le mutandine, Tabula rasa) caratteristica fondamentale è lo spirito anti-borghese. Ernst Toller (1893-1939), che ha insistito sulla condizione del reduce nel suo difficile inserimento nella società del dopoguerra (Oplà, noi viviamo!) e sulla condizione della masse proletarie (Uomo-massa). Ferdinand Bruckner (1891-1958), di cui è da tener presente Gioventù malata.

Dai canoni espressionistici partirà poi Bertold Brecht, ma per approdare ad una sua nuova drammaturgia di profonda originalità.