Fin dall’inizio della sua produzione, Luigi Pirandello porta gli schemi naturalistici ad assumere contorni paradossali. Ciò che viene a mancare è proprio il rapporto tra realtà e verità.

Ne il romanzo “Il Fu Mattia Pascal” il protagonista prima scompare, accettando un suicidio di cui viene ritenuto erroneamente vittima; poi finge un suicidio; il gioco si conclude con la completa sconfitta dell’uomo, costretto, dal fluire della vita, a sopravvivere a se stesso.

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La prosa nervosa e ironica, la successione di fatti inattesi, ma tutti rigorosamente concatenati in un contesto in cui pure domina il caso, fanno di quest’opera uno dei capolavori del Novecento.

L’opera complessivamente più alta della prosa pirandelliana è costituita dalle Novelle per un anno, che disegnano un mondo caotico dominato dal caso e dal male di vivere e danno un efficace e originale ritratto della società italiana di primo Novecento.

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Pirandello scrisse anche alcuni testi teorici. Il primo è l’Umorismo, in cui egli definisce la caratteristica peculiare della sua opera come “il sentimento del contrario”, cioè:

La capacità di avvertire la sofferenza attraverso il contrasto tra ciò che ciascuno è e ciò che rappresenta per gli altri.

Pirandello

L’ultimo lavoro teorico è “Uno, nessuno e centomila“, originale romanzo-saggio in cui la teoria dell’autore viene esposta organicamente. Il tema fondamentale è il rapporto fra individuo e collettività. Per stabilire tale relazione, l’individuo ha bisogno di darsi una forma che lo rappresenti stabilmente agli occhi degli altri, fatta di convenzioni, di ruoli familiari e professionali, di doveri e soprattutto dei giudizi e pregiudizi altrui, ai quali la persona cerca di adattarsi per ottenere una riconoscibilità pubblica (assumendo, appunto, centomila maschere), fino al punto di non riconoscersi più.

Dal contrasto tra il divenire della vita e la staticità della forma nasce dunque l’acuta sofferenza della persona e l’assurda inattendibilità della comunicazione.

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Da questa situazione di sdoppiamento, tra il fluire della vita e la staticità della maschera, discende una complessiva teatralizzazione dei rapporti umani. Ciascuno è costretto a recitare la parte che il mondo circostante gli impone.

Questa problematica è approfondita nella prima produzione teatrale di Pirandello: esempi particolarmente significativi sono Così è (se vi pare) e Il gioco delle parti. Ma la vera novità del suo teatro consiste nella rottura del realismo scenico e nella creazione del teatro in cui viene rappresentato il dramma dei personaggi, intesi autonomamente e non più come proiezioni sceniche delle persone. Mentre le persone, nella quotidianità, sono costrette ad assumere una forma e a recitare la parte assegnata loro dalla società, i personaggi, invece, sono pura forma. Vivono sempre le stesse vicende che loro assegna l’autore una volta per tutte, in una fissità psicologica fuori dal tempo. Testo esemplare in questo senso è il dramma dei “Sei personaggi in cerca d’autore“. La trama, relativa a una tragica storia di miseria morale e materiale, è funzionale al vero dramma: i personaggi, creati dall’autore nella propria mente (ma da lui rifiutati e quindi non fatti vivere in un testo) cercano vanamente, attraverso una compagnia di attori, di mettere in scena la loro storia; scoprono tuttavia che non vi può essere corrispondenza tra la verità e la rappresentazione; riproducono allora i frammenti smarriti di una creazione tragica e sterile.

IL GIUDIZIO CRITICO

Con la sua ampia produzione teatrale narrativa, Pirandello è una delle voci più significative della cultura italiana del Novecento. In assoluto, uno degli scrittori italiani più noti del mondo.

Interprete della crisi dell’uomo moderno nel rapporto con se stesso e con gli altri, egli ha contribuito sensibilmente alla formazione del romanzo del Novecento, facendogli superare gli schemi del verismo. Altrettanto decisivo il suo apporto nel rinnovamento del teatro tradizionale, come attesta la sua fortuna, inalterata in tutto il mondo.