Alessandro Manzoni è la figura più significativa del romanticismo. La sua opera segna l’ingresso della letteratura italiana nel grande realismo romantico europeo, simboleggiando la nuova coesione nazionale e risorgimentale.

Egli ha sottratto la moderna letteratura italiana alla sua rigidità classicista e alla sostanziale indifferenza alla storia:

La letteratura deve impegnarsi sul piano morale e sociale e deve svolgere una funzione educativa.

I promessi sposi sono in tal senso un’opera di straordinaria novità, il cui pregio maggiore è quello di essere un grande romanzo popolare, di ampio progetto narrativo ed eccezionale risultato linguistico.

ALESSANDRO MANZONI – VITA

La madre Giulia, sposata al vecchio conte Pietro, era figlia dell’illuminista Cesare Beccaria; il padre naturale fu probabilmente Giovanni Verri, fratello dei più noti Pietro e Alessandro.

I PRIMI ANNI

Alessandro Manzoni (nato a Milano nel 1785) venne messo in collegio a sei anni a Merate e Lugano, poi a Milano, al collegio dei Nobili tenuto dai Barnabiti. Manzoni serbò un cattivo ricordo di quella scuola rigida e retorica, che però lo educò ai classici senza impedire il contatto con le idee nuove: in collegio lesse gli autori moderni (Alfieri, Parini, Monti) e i pensatori francesi (Voltaire, J.J. Rousseau). La lezione sugli esuli napoletani (V. Cuoco e F. Lomonaco) lo aiutò a superare l’astrattezza illuministica e a maturare un sentimento vivo della storia.

Dopo una breve convivenza con il padre, nel 1805 raggiunse a Parigi la madre e il compagno di lei, il conte Carlo Imbonati, che però morì improvvisamente prima del suo arrivo.

A PARIGI

A Parigi frequentò il salotto intellettuale della vedova Condorcet (del cuo convivente, lo studioso C. Fauriel, divenne amico), dove si riunivano gli idéologues, intellettuali libertari, socialmente impegnati, in prevalenza sensisti ma con aperture spiritualiste, che affinarono in Alessandro Manzoni il rigore intellettuale e morale.

Nel 1808 sposò, con rito calvinista, Enrichetta Blondel, figlia di un banchiere d’origine ginevrina, sua compagna nel graduale processo di conversione che sfociò nel matrimonio cattolico (1810) dopo il “miracolo di san Rocco”, quando il trepido Alessandro invocò Dio per ritrovare la moglie perduta nella calca parigina.

A MILANO

Nel raccoglimento della vita milanese, accanto alle letture filosofiche e religiose, seguì con intensa emozione l’evolvere degli eventi storici e i dibattiti letterari, che dal 1816 assunsero a Milano toni infuocati, simpatizzando per i romantici contro i classicisti.

La conversione religiosa coincise con il distacco dai modi classicheggianti delle prime poesie. Compose, con nuove cadenze ritmiche, i primi Inni sacri, iniziati nel 1812 e pubblicati nel 1815 (nel 1822 vi aggiunse La Pentecoste). Con “Il conte di Carmagnola” (1820) tentò una tragedia ispirata alle nuove idee poetiche (soggetto storico, rifiuto delle unità di tempo, luogo e azione). Con le Osservazioni sulla morale cattolica (1819) contestò le posizioni anticlericali dei neoghibellini.

Tornato a Parigi nel 1819, frequentò lo storico francese J. Thierry, da cui prese l’esigenza di una storiografia attenta alle masse e alcune idee sull’origine delle classi sociali accolte nella tragedia Adelchi (1822).

LE DUE ODI

Rientrò nel 1820 a Milano e condusse una vita appartata e operosa, interrotta da pochi viaggi. Visse ora con savio umorismo, ora nel tormento di crisi nervose. Nel 1821 scrisse le due odi civili, Marzo 1821 per i moti liberali (pubblicata nel 1848) e Il cinque maggio per la morte di Napoleone.

Fu un periodo di creatività, in cui sperimentò generi diversi, nella ricerca febbrile di ciò che poteva meglio accogliere la vastità dei suoi interessi per meglio comunicarli a un più largo pubblico.

LE REDAZIONI DEI “PROMESSI SPOSI”

Alessandro Manzoni approdò al romanzo scrivendo, tra il 1821 e il 1823, il Fermo e Lucia, ma vi rimise presto mano, operandone una radicale revisione strutturale e formale, e lo pubblicò a Milano (1825-1827) con il nuovo titolo “I promessi sposi”.

Dopo ulteriori correzioni linguistiche, seguite a un soggiorno fiorentino nel 1827, il romanzo assunse la veste definitiva nell’edizione a dispense illustrate che uscì a Milano nel 1840-42.

I “DISCORSI”

Scemato il fervore creativo, Manzoni si applicò in prevalenza a problemi di teoria estetica e linguistica e a studi storiografici (dal Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in Italia del 1822, funzionale all’Adelchi, alle ricerche in margine ai Promessi sposi, da cui venne separando l’indagine sul processo agli untori della Colonna infame, perfezionata come appendice al romanzo nel 1842).

Manzoni tornò sulle questioni estetiche con il discorso Del romanzo storico e, in genere, de’ componimenti misti di storia e d’invenzione (steso attorno al 1830 e pubblicato nel 1845), con il dialogo Dell’invenzione (1850), ispirato alle idee del filosofo e amico A. Rosmini, e ancora con le approfondite meditazioni linguistiche che sarebbero dovute confluire in un volume organico Della lingua italiana, rimasto incompiuto.

Quanto pubblicato (la Lettera a Carena del 1846, la relazione al ministro Dell’unità della lingua e altri scritti del 1868) attesta, sul piano linguistico, il suo impegno risorgimentale.

VITA PUBBLICA E ULTIMI ANNI

La vita di Alessandro Manzoni si risolse nella sfera privata e fu segnata di lutti. Per la morte di Enrichetta (provata da dieci maternità) stese il frammento Il Natale del 1833, che, con l’incompiuto Ognissanti (e coi pochissimi versi d’occasione) rappresenta l’ultima prova poetica dopo la svolta del romanzo. Gli premorirono sei degli otto figli rimasti e la seconda moglie, Teresa Stampa (sposata nel 1840).

La fede dello scrittore non ne uscì affievolita e non venne meno neppure l’interesse per le sorti dell’Italia, già documentato dal rifiuto di un’onorificenza austriaca nel 1838 e dalla firma dell’appello lanciato dai milanesi a Carlo Alberto nel 1848.

Nel 1859 ricevette la visita di Garibaldi. Nel 1861 come senatore del Regno votò per Roma capitale, nel 1872 accettò la nomina a cittadino onorario di Roma nonostante l’ostilità del papa al nuovo Stato italiano. La sua morte, avvenuta a Milano nel 1873, fu occasione di solenni onoranze e ispirò la Messa da Requiem di Giuseppe Verdi.