Dopo l’articolo riguardante il retroterra ottocentesco in Italia, oggi vi parlo di quelle che sono state le reazioni sul piano culturale e “filosofico” al clima post-unitario.


Si va dalla paludata, sonora e sana poesia di Carducci a quella sommessa e angosciata di Pascoli. Viene creato il monumento chiamato Il Quarto Stato di Pelizza da Volpedo (vedi foto sopra) e abbiamo la severa rappresentazione del mondo meridionale da parte di Fogazzaro; ma ancora la celebrazione della lussuria da parte di D’Annunzio e le opere veriste di Verga, incentrate sempre nel malessere meridionale. Ma questo è solo uno sguardo ampio su un tema che ora analizzeremo in modo più dettagliato.

Reazione numero 1: delusione post-risorgimentale del retroterra ottocentesco

I più delusi da un risorgimento “fallito” furono i diretti protagonisti come Nievo, che nel 1860 con il suo Frammento sulla rivoluzione nazionale lamentava un mancato coinvolgimento delle masse contadine nel processo risorgimentale. Oppure Pirandello, che ne “I vecchi e i giovani” rappresenta lo stato d’animo derivante dal trasformismo politico e dalle violente repressioni nel personaggio di Caterina Laurentano. Al posto dell’Italia sognata c’era l’Italietta, popolata da preti e monsignori e un popolo più dedito allo sberleffo che al lavoro. Di fronte a questa realtà ci fu la reazione, Carducci lamentò:

Oh non per questo dal fatal di Quarto/lido il naviglio de i mille salpò” – riferimento alla spedizione dei Mille di Garibaldi, che portarono all’unità d’Italia

Reazione numero 2: il nazional-imperialismo di Oriani

Il nazionalismo italiano nasce dal culto del passato e dai libri; in questo clima si colloca Alfredo Oriani (1852-1909), autore che meriterebbe maggiore attenzione. fu autore di romanzi come La disfatta (1896), Vortice (1899) e Olocausto (1902), con un eredità veristica a cui aggiunse uno scavo psicologico e talvolta crudele; tuttavia, a noi interessano le sue opere contenenti posizioni filosofico politiche come Fino a Dogali (1889), La lotta politica in Italia (1892) e La rivolta ideale (1908).

Fortemente influenzato da Hegel, ne “La lotta politica” analizza la storia dell’Italia a partire dalla civiltà romana per carpire errori fatti e carenze avute tramite un’analisi acuta e italocentrica. Vede l’espansionismo come una conseguenza diretta e dovuta dell’unità d’Italia, in un nesso risorgimento-colonialismo irrinunciabile. L’Italia per Oriani risorge per combattere le civiltà barbare. I nazionalisti del primo novecento nascono proprio sulle parole di Oriani ed è per questo motivo che viene considerato un precursore del movimento fascista.

Reazione numero 3: l’anti-parlamentarismo

Un altro modo di reagire alla “Italietta” e al trasformismo politico fu negare l’esistenza stessa del parlamento e tout court il sistema democratico. 

L’anti-parlamentarismo è alimentato dal vagheggiamento di uno “stato forte” – come la Germania di Bismark – che denigra l’egualitarismo democratico basandosi sulle filosofie di Nietzsche e sulla crisi del positivismo. Fogazzaro dunque nel romanzo “Daniele Cortis” (1885) farà affermare al protagonista che:

Ci vuole un potere politico abbastanza fermo per condurre un paese e, se necessario, contro le maggioranze parlamentari“.

D’Annunzio, ne “Le vergini delle Rocce” (1896) parlando di quelli che in una prospettiva democratica sono i rappresentanti del popolo, li definì: “Gli stallieri della Gran Bestia vociferanti nell’assemblea“.

Reazione numero 4: analisi sociale

Ben diversa, infine, la reazione di coloro che scelsero di affrontare da un punto di vista sociale e concreto la delusione post-risorgimentale. Nasce così la famosa “questione sociale“. Pasquale Villari (1826-1917) nelle sue “Lettere meridionali e altri scritti sulla questione sociale in Italia” del 1878, esamina lo scarto tra attese risorgimentali e realtà del meridione, molto indietro rispetto alle aspettative e preda del brigantaggio.

In riferimento al pensiero di Marx e ai dibattiti che seguono, il livello culturale si alza nel 1891 con la nascita della rivista “Critica sociale“, curata da Filippo Turati; espressione della corrente riformista del socialismo italiano, verrà soppressa dal regime fascista nel 1926.

Antonio Labriola (1843-1904) nei suoi studi – In memoria del Manifesto dei comunisti, 1895 e Discorrendo di socialismo e di filosofia, 1898 – assegna all’iniziativa umana un margine di autonomia e libertà, superando l’interpretazione delle teorie di Marx.

Dopo la pubblicazione della Rerum Novarum, anche i cattolici si inseriscono nelle questioni politiche seppur vincolati dal non expedit: tra questi vanno citati Giuseppe Toniolo (1845-1918), operatore culturale che fondò la “Rivista internazionale” e fu il primo a parlare di democrazia cristiana e a portare i cattolici verso forme organizzative sindacali e pubbliche. Queste sue iniziative, tuttavia, non si conciliavano con una concezione gerarchica della società, con una certa “nostalgia del medioevo“; credeva nella conciliazione tra fede e scienza, tramite una semplice sottomissione di quest’ultima.

In questo ultimo filone – quello religioso applicato alla politica, per intenderci – fu di diverso avviso Don Romolo Murri (1870-1944), che nel 1898 fondò a Roma il periodico sulla democrazia cristiana “Cultura sociale“, colleganodosi poi ad altri gruppi con Don Davide Albertario a Milano e Don Luigi Sturzo in Sicilia. Sono le prime manifestazioni di un movimento culturale e politico che avrà un certo peso nella storia italiana.