Rilanciato negli anni settanta da E. Sanguinetti, Gian Pietro Lucini costituisce un caso letterario. Oggi la sua produzione viene giudicata, dal suo scopritore, come un tentativo di alternativa globale alle poetiche del suo tempo.

GIAN PIETRO LUCINI – VITA E LIBRI

Nato a Milano nel 1867, vive una vita condizionata dalla tubercolosi ossea. Nel 1892 si laurea in legge ma non esercita la professione per polemica contro l’ambiente. Si dedica dunque all’attività letteraria. Collabora a parecchie riviste del tempo, come “Poesia” di Marinetti, e aderisce temporaneamente al futurismo. Scrive su “La Voce” e “Lacerba”. Intanto pubblica, a partire dal 1895, i suoi scritti personali, spesso in tiratura limitatissima. Muore nel 1914. Alcune sue opere:

  • Ballata di Carmen Monarchia, 1900;
  • Regione Poetica e Programma del verso libero, 1908;
  • Raccolta di poesie Rivolverate, 1909;
  • D’annunzio al vaglio della critica 1914

PARERI DISCORDANTI

La valutazione del lavoro di Gian Pietro Lucini oggi è complessa per vari motivi, tra cui sicuramente spicca la limitata tiratura delle sue opere. Forse il motivo principale però si nasconde proprio nella sua stessa personalità e poi nella sua produzione, ossia:

L’irrequietezza, l’instabilità dei propositi, l’irrisolta e frenetica tensione intellettuale che ne anima l’opera complessiva: progetti che si accavallano, che vengono abbandonati e poi magari ripresi, piani di attività che non si riducono ad unità se non forse puntando sulle enormi e sconosciute avventure celebrali.

A. Giordano

Difficile dunque il giudizio su questo autore. Di contro all’elogio di Sanguinetti che lo porta alla ribalta va anche citato Fortini, che ne “I poeti del Novecento” del 1977 parla di

Sostanziale fallimento di Lucini. Nonostante l’attenzione recente, è solo un rilevante capitolo del conflitto ideologico dell’attività giolittiana.

Fortini

Su due aspetti però, concordemente accettati, vale la pena richiamare l’attenzione.

LA POLEMICA POLITICO-SOCIALE

In primo luogo, la feroce e decisa critica nei confronti delle istituzioni. Non ce l’ha solo con i borghesi, ma anche con i miti dell’opposizione ufficiale. Nelle “Revolverate” di Gian Pietro Lucini c’è un profondo impegno civile che si traduce in accanimento rabbioso, in un furore di verità che strappa gli orpelli e mette a nudo con risultati di insolita forza sarcastica un verminoso tessuto.

NUOVE SOLUZIONI FORMALI

Lucini estende l’esigenza e l’impegno per un profondo rinnovamento dal campo politico-sociale a quello culturale letterario. Lucini polemizza con le soluzioni dannunziane accademiche (i versi “Gabriellini”) e tentava una poesia che rifiutasse la purezza linguistica. Dunque varietà di registri espressivi, toni alti e bassi mescolati, termini aulici e voci dialettali insieme. Ecco un esempio dalla Canzone del Giovane Signore:

Le sale siton la [odorano di] vernice

Come vagella [oscilla] la frasca / della smilza alberella

Gian Pietro Lucini

Oppure in Primo Maggio Italiano:

E vi sparpaglierete in coppie ed in famiglie / tra i prati irrigui al frusciar delle gabbie capitozzate [alberi potati alla sommità del tronco] / per un pik-nik sopra l’erba maggienga [di maggio].

Gian Pietro Lucini

A questo si aggiunge il costante impegno a svelare la totalità del reale: una lezione ricavata dal Simbolismo. Lucini trasferisce questa lezione alla realtà sociale, cioè impegnandosi a metterne a nudo meccanismi e ipocrisie.

Lucini va inoltre ricordato per la teorizzazione del verso libero (Region poetica e programma del verso libero, 1908) e per le conseguenti realizzazioni. Giungeva così a compimento una destrutturazione delle forme poetiche tradizionali che era iniziata col romanticismo, e veniva elaborata una soluzione metrica che sarebbe stata largamente presente nella poesia posteriore.