In Toscana si forma una certa coscienza dell’arte. Il volgare, già perfezionato, era parlato e scritto con una proprietà e grazia introvabile nel resto d’Italia. Se i poeti superficiali dispiacevano a Bologna, i poeti incolti e rozzi non piacevano a Firenze. A lungo andare non vi poterono essere tollerati Guittone e Brunetto; inoltre sorgeva la nuova scuola che, se a Bologna significava scienza, a Firenze significava arte.
CINO DA PISTOIA | ARTE POETICA
Il primo risveglio di una coscienza artistica si nota in Cino da Pistoia. Egli scrive con volontà di far rime pulite e leggiadre, e cerca non solo la proprietà del linguaggio ma anche bellezza allo stesso. Aveva animo gentile e affettuoso, e orecchio musicale. Se a lui manca l’evidenza e l’efficacia, virtù della forza, non manca melodia ed eleganza, con una certa vena di tenerezza. Fu il precursore del grande suo discepolo, Francesco Petrarca. Vi riporto un esempio parafrasato:
Poiché non posso saziare i miei occhi,
Cino da Pistoia | Arte poetica
e smettere di guardare il bel viso della donna che amo,
continuerò a fissarla
Così facendo diventerò beato.
Raccomando – a chi volesse approfondire – la “canzone sugli occhi della sua donna“, che ispirò le tre sorelle del Petrarca, il quale ne imitò anche la fine, che è piena di grazia.
Ci sono pure parecchi sonetti dove Cino si accontenta di rappresentare con semplicità il suo stato, e sono teneri e affettuosi. Meno appare dotto e più si rivela artista. La coscienza artistica si mostra in Cino nelle qualità tecniche ed esteriori della forma. La sua principale capacità è di sviluppare gli elementi musicali della lingua e del verso: in quel periodo nessuno era così dolce come lui. Eppure, qualità più serie e profonde si rivelarono in Guido Cavalcanti, di cui presto presto parlerò in un altro articolo.