La trama dell’horror ci tiene sulle spine, ci fa bloccare il cuore in gola e… ci tiene ancora sulle spine! Se stai scrivendo un libro horror, la migliore emozione che puoi dedicare ai tuoi lettori è una costante, irrisolvibile angoscia dovuta da lunghi alti e bassi di costante tensione.
Se in un articolo precedente ci siamo occupati di dare una direzione per coloro che volessero cominciare una trama horror, in questo articolo ci addentriamo in una fase di costruzione successiva.
Per fare questo, abbiamo invitato nel nostro salotto digitale il dottor Notte.
Autore campano, Antonio Nunziante ha una visione della scrittura romantica. Mi ha raccontato di come ha cominciato a scrivere il suo primo libro, una storia affascinante nata proprio da una situazione spiacevole: un blackout in metropolitana! Un racconto affascinante, capace di regalare molti spunti per tutti gli autori che vogliono cimentarsi nella stesura di una trama dell’horror!
Ironico, introspettivo, accogliamo il dottor Notte per farci raccontare la sua esperienza in questo campo!
Ciao Antonio! Raccontaci di te: come hai cominciato a scrivere il tuo primo libro? Da dove è nata questa idea? Perché proprio l’horror?
Ho cominciato a scrivere perché ero bloccato in metropolitana. Alla mia sinistra c’era un tizio con un’ascella così prepotente da far passare il sugo alla genovese per una nuova fragranza di air wick e a destra c’era (se non ricordo male, scenari analoghi si susseguono) un tizio che parlava con il suo cane di voler far fuori tutti i comunisti alternando rutti e spunti di riflessione (comunque aveva ragione il cane).
La connessione dati, figuriamoci se ci prendeva sotto la galleria, quindi niente selfie con hashtag #metropolitana #smile #èlunedì. Solo io e il mio quaderno con gli appunti di elettronica sui diodi Zener. Un ghirigoro, due ghirigori, annerisci i quadretti, poi scrivo una frase, un’altra, e prima che la metro si sbloccasse avevo riempito due, tre pagine con quello che sarebbe poi diventato l’inizio di Elephant Hill, della raccolta Sussurri. La cosa mi è piaciuta a tal punto da pensare di rifarlo ed eccoci qua.
Non era la prima cosa che mi andava a finire su carta, avevo già fatto dei piccoli racconti per la scuola superiore, ho anche vinto qualche concorso, ma non avevo mai pensato, almeno fino a quel momento, che sarebbe stata una cosa che avrei fatto di mia spontanea volontà con un bel po’ di entusiasmo.
Come nasce la tua trama dell’horror? Da cosa prendi spunto?
In realtà non lo so mai nemmeno io da dove si comincia. Quello che so è che capita e spesso arriva già servita con ghiaccio, devi solo mescolare. Esempio pratico: stavo al bar, mi sorbivo il mio settordicesimo caffè cercando inutilmente di far carburare il cervello prima di mezzogiorno.
Alla mia sinistra due vecchietti discutevano di donne, sesso e tutte quelle belle cose che ti succedono prima che la prostata ti serva il conto. Uno dei due se ne esce con la frase: gli uomini starebbero meglio senza il cazzo tra le gambe. Sai quante guerre ci saremmo risparmiati se gli uomini non avessero un cazzo? Sai quanti complessi in meno?
Poi la discussione ha preso una piega calcistica con tanto di parolacce nei confronti di De Laurentis e il mio interesse è calato, ma la cosa dell’uomo che sta meglio senza il fringuello mi ha attizzato tanto che alla fine ho deciso di buttare giù qualche riga per vedere se ne poteva venir fuori un racconto. Oggi quel racconto si chiama “il mentecatto”
La trama Horror | violente verità
Quali sono gli elementi essenziali di una trama dell’horror?
Deve essere scomoda come le mutande rifilate dal venditore nel parcheggio della coop a tre pezzi 4 euro. Le metti, loro si infilano dove non devono infilarsi e passi la giornata a stringere le cosce cercando di non sembrare una scimmia con la rabbia quando sei seduto insieme a qualcuno. Ecco, pari pari. Torno serio.
Non necessita per forza di mutilazioni e squartamenti, ma deve comunque essere doloroso in altri sensi. Ci sono molti esempi in cui si vede questa componente (il dolore) in maniera tangibile, corredata da quel senso di scomodità di cui sopra. Prendiamo Johnny Freak (albo 81 di Dylan Dog), Pet Sematary di Stephen King, Il genio della perversione di Poe. Opere totalmente differenti tra loro, ma con il comune denominatore di prendere quello che c’è “dentro”, tirarlo fuori, sbatterlo in faccia a qualcuno e dirgli “vedi? Ecco come siamo fatti!”
Trovo dal basso della mia poca esperienza che il genere horror si regga su questa “verità violenta”, forse soggettiva, ma onesta come il vagito di un bambino.
Raccontaci la tua idea di finale.
La mia idea di finale “quello bello” è un non finale. Non necessariamente parlo di finale aperto, ma di qualcosa che sì, chiude la storia, chiude il libro, ma lascia il lettore nel racconto. Il finale “quello buono” è un posto in cui lettore e scrittore si salutano, ma non è detto che uno dei due o entrambi siano tenuti ad abbandonarlo.
Si può ritornare indietro e prendere strade che prima non erano state percorse o magari rifare tutto da capo per tornare al punto zero con una consapevolezza diversa. La mia idea di finale è più un “continua tu, se ti va” piuttosto che un “arrivederci e grazie”
Molti autori sono scoraggiati dal cominciare una carriera da scrittori. A cosa è dovuto, secondo te, questo sentimento di scoraggiamento?
Non lo so, dobbiamo chiederlo agli autori scoraggiati o agli autori che vogliono cominciare una carriera. Non trovo molto giusto parlare di carriera quando ancora non si ha un’idea di cosa succederà al nostro primo libro.
All’impatto che avrà sulle persone e su noi stessi. Io scrivo cose, non so se questo diventerà mai un lavoro. Certo, il bonifico di Amazon (fino ad oggi è tutto pubblicato su lì) a fine mese mi strappa un sorrisino, ma questa è un’altra storia.
Quello che so è che scrivere cose richiede fondamentalmente il volerle scrivere a tutti i costi. Viviamo nel 2021, anno in cui è possibile scrivere un libro con su scritta la lista della spesa dal ‘98 ai giorni nostri e pubblicarlo con una serie di click rapidissimi.
C’è molto poco che ti può fermare, se pensi che il tuo libro valga qualcosa. E forse questo “valere qualcosa” è uno dei pochi aspetti che può creare intoppi e impedire di cliccare su “pubblica”. Non che ci sia molto da perdere in ogni caso.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
In questo momento sono abbastanza impegnato nel promuovere la mia raccolta Freaks. È un periodo abbastanza pesante anche lavorativamente, quindi seguo un iter preciso nella sua incoerenza: metto la sveglia alle quattro del mattino, mi alzo, leggo quello che ho scritto il giorno prima, continuo sulla falsariga per ore e stacco, dimenticando completamente quello che ho scritto fino al giorno dopo, quando vado a rileggere.
Pessimo sistema, ma con quello ci ho scritto Seeds e Carivan, che in tutto conteranno circa 900 pagine, quindi voglio tenermelo ancora un po’. Inoltre, sto cercando di comporre dei brani che non sono altro che l’estensione musicale di quello che ho già scritto, ma è un processo molto più lungo rispetto alla composizione letteraria, non essendomi mai approcciato alla pubblicazione di un audio.
Ringraziamo il dottor Notte per questa intervista. La trama dell’ Horror può essere ricca di insidie ed è quindi importante avere sempre nuovi spunti di riflessione ed esempi a cui rifarsi. Se questa intervista ti è piaciuta puoi trovare i libri del dottor Notte cliccando qui!